Il viaggio sulla terra di Mikael, l’arcangelo

san michele arcangelo È rappresentato alato in armatura con la spada o la lancia con cui sconfigge il demonio, nelle sue sembianze di drago. Da Oriente a Occidente. L’immagine di Michele Arcangelo sia per il culto e sia per l’iconografia cristiana, dipende da alcuni passi dell’Apocalisse come da alcuni nel Nuovo Testamento. Nella tradizione islamica – che a sua volta deriva dalla mitologia egizia e persiana – avrebbe istruito il profeta Maometto ed è rappresentato con una bilancia, segno che all’essere maestoso, capo degli angeli, è attribuito anche il compito di pesare le anime prima del giudizio.

San Michele in alto come San Giorgio in basso, sulla terra, secondo lo scrittore scozzese Robert J. Stewart, sono eredi dell’immagine dell’eroe che sconfigge il male e fanno parte del mito solare della creazione che ha per prototipo il dio babilonese Marduk, Dio Creatore dell’umanità. In epoca ellenistica l’equinozio autunnale, che quest’anno coinciderà con il 23 settembre, era consacrato a Mitra-Sole, demiurgo e creatore del cosmo.

Ed è proprio San Michele Arcangelo, la cui festa cade nei giorni successivi all’equinozio - il 29 e il 30 settembre -, che ha ereditato molte funzioni equinoziali del Dio Sole. Il culto del “principe gloriosissimo delle milizie celesti” e “custode e patrono della chiesa”, com’è indicato in un esorcismo di Papa Leone XIII, preghiera poi abolita dal Concilio Vaticano II, è di origine orientale. Fu l’imperatore romano Costantino che nel 313 gli dedicò un santuario proprio a Costantinopoli mentre in Occidente la prima basilica sorse su un’altura al VII miglio della Via Salaria. Il giorno della sua dedica, appunto il 29 settembre, è rimasto quello in cui tutto il mondo cattolico festeggia l’arcangelo Michele. Per il filosofo austriaco Rudolf Steiner, pedagogista, artista ed esperto di esoterismo “Mi-Ka-El”, che significa “Chi è come Dio?”, è la potenza dalla quale fluiscono i pensieri delle cose e dal momento che amministra l’intelligenza cosmica gli uomini ricevono proprio da lui i pensieri sulle cose. «La figura di Michele - dice il reverendo inglese Hargrave Jennings - è un modello che si ritrova in tutte le religioni e le mitologie» e le vite degli uomini vi s’intrecciano inevitabilmente. A percorrere il mondo a destra e manca anche l’isola d’Ischia offre la sua testimonianza con le due parrocchie a lui dedicate, una a Forio e l’altra a Sant’Angelo, e non bisogna certo dimenticare che nella cripta del Castello vi è un affresco che lo raffigura. È nei giorni che corrono veloci verso la fine del mese di settembre, ogni anno, dal 27 al 30, nell’atmosfera surreale di Sant’Angelo che gli umori degli uomini prendono forma e celebrano il santo patrono – nel Talmud, Mikael è il Principe dell’Acqua - cui il borgo dei pescatori si è affidato nei secoli per combattere le insidie del mare, nella perenne lotta per la sopravvivenza. Il giorno della festa la banda musicale scende dalla chiesa della Madonnella e sfila per le viuzze nel cuore del paese annunciando a un tempo che è giunto il momento della mobilitazione collettiva e che l’avventura suggestiva di lì a poco si riprenderà gli sguardi e le attenzioni gettati tra le rocce scoscese, gli scorci del borgo e la baia dei Maronti. Ed è proprio qui, in un palco naturale dall’architettura meravigliosa, che va in scena il frammento finale della processione via mare, con l’imbarco nei pressi del piccolo porto per consentire alla carovana di raggiungere sotto costa la prima tappa, il promontorio di Punta Chiarito per poi di proseguire verso il lato sud dell’isola. Decine d’imbarcazioni scortano l’arcangelo Michele e il passaggio della statua di legno dipinto da tipici colori accesi, è segnalato dai fuochi pirotecnici che si riflettono sulla superficie immobile dell’acqua colorata dalle sfumature di un giorno prossimo alla fine e salutano il procedere lento delle lance dei pescatori assieme alle barchette con il carico di famiglie e amici. Sbarcati “sotto la torre”, subito dopo la liturgia, una nuova ondata di fuochi artificiali lanciati nella sera crea un mondo indefinibile, a tratti intimista e introspettivo, in cui non è difficile diventare testimoni di forme e suoni e parole per la descrizione di un viaggio che di sicuro allarga gli orizzonti. Da non perdere.s!”

Di Graziano Petrucci

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