L’Epomeo dal Bracconiere

serrara falanga Io non ho fratelli di famiglia, ma Michele il “Bracconiere” è mio fratello. Mi ha insegnato, dopo la scomparsa amara ed immatura di Salvatore, suo vero ed indimenticabile fratello maggiore, un nocchiero della famiglia e dell’attività, lui pure così più giovane di me, a guardare lontano, a guardare davanti, a guardare, se non il cielo, almeno davanti.

Con Michele, sopra al “Bracconiere”, «forse sei un po' ingrassato...», «l' inverno, e le polpette di nonna Titina...», e semmai in quelle tarde mattinate di inizio primavera in cui il lavoro del ristorante è ancora più discreto, ed il vino
bianco può ancora tardare a svernare in frigo, e Franca la sorella e Carmela la vedova di Salvio a lavorare in una cucina dai ritmi sereni, ho imparato una geografia che non conoscevo, ad Ischia. E tantomeno nei sentimenti del cuore.
Sopra a Serrara, dopo Calimera, in cima ad una ascesa che si fa spettacolo inedito ad ogni rampa, anche se tornanti gentili veri e propri non ve ne sono, poveri i ciclisti che vi si avventurano, altro che Muro di Huy, e le ginestre non colmano la sete; dopo Calimera, che bel buongiorno, e prima dei Frassitelli, vi è il balcone straordinario di Ischia. Con Michele, «ho raccolto dell'origano fresco, stamattina...», ho imparato a coniugare il panorama senza donne di un' isola che è la donna più bella. Una madre. Ed un silenzio immenso.
Ed ho capito, sarà stato certo anche quel suo grande dolore che ha reso uomo il mio amico quando era solo adolescente,  che ve ne sono infiniti di buongiorno, anche quando sembrano nella vita finiti.
Prima dei Frassitelli, molto prima della Falanga, a continuare dentro, «le hai mai viste le fosse per il ghiaccio, si arriva alla Pietra dell' Acqua...» e poi te ne puoi risalire, dopo il bosco delle fate, «hai una fata?», verso l’Epomeo, verso l’Eremo di San Nicola.
Ma il cielo, ed una storia, del territorio magico di un’isola e di una persona, può fare ancora centro senza vertici a tre quarti di costa, lì sullo spiazzo davanti al “Bracconiere”.
Lì, puoi tirare il freno a mano. Non c’è, appunto, da guardare indietro. Puoi spaziare in alto, mentre Faustino e Marco, Giovanni, Pasquale e Beata, Fabrizio e Leonardo, mettono a punto commensali stranieri e sapori nostrani, senza mai girarti indietro.
Indietro non si va da nessuna parte. Nella vita, come ad Ischia, e dentro di noi.
«In alto, lo vedi, quello è lì L’Eremo di San Nicola, speriamo che lo riaprano presto, c’eri mai stato a mangiare da Luigi?...». Già, quell’oste spartano che sembrava più eremita di Giorgio il Bavaro e Giovanni d'Argouth e degli altri monaci fiamminghi, lui ed il rispetto per quei ricoveri di fortuna, uscito da un dipinto di Bosch, per il Viandante appassionato di solitudine, di pietra e di San Francesco.
Ma dall’alto, il volo ardito del falco era ancora l’invito per Michele, da letterario “Bracconiere”, a guardare dinanzi. Lo strapiombo, la verticale, la discesa senza freni su Forio, Panza, Santa Maria al Monte, «ma come si fa ad arrivarci?», «con il coraggio con cui arrivi, se ce l'hai, ai Pizzi Bianchi…». Ma esiste tanta religione giusta per arrivarci, come ad un amore troppo amato?
E lontano, «non c' è lontano, nella vita di un uomo, nulla, se non la fine», Ventotene, Ponza, il mare immenso, noi che a quei tre quarti di costa ed alla balaustra di legno restiamo tenacemente avvinti, per timore del precipizio. Davanti, siamo sul ciglio di Ischia. Dietro, nulla ha un senso né di futuro, né di destino.
«Quando il sole tramonta qui, ed è bellissimo, il sole incendiato, tramonta sugli Aurunci, quei monti
che sembrano colline, laggiù, li vedi?».
«Ma non sai però cosa significa vedere l’aurora, il sole nascere, sembri rinascere anche tu e chi non c' è più, da qui sopra». È il centro, lo zenit della vita, l’aurora. Anche se è ancora presto per il vino bianco. Ed è ancora tardi, lo so, dentro e fuori di noi, per un mattino migliore.
Sarà, senza ulteriori tramonti, per un’altra meno breve giornata.

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