Santa Lucia alla Pannoccia

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Sono circa le 17.30 del 13 Dicembre quando tutti guardano la piazza in lontananza, c’e’ chi chiama qualche amico al telefono per avere conferma che la Santa messa sia terminata, chi dice di aver intravisto l’imponente stendardo alzarsi maestoso, poi all’improvviso ecco la statua portata in spalla che esce dalla chiesa per salutare il popolo.

Accompagnata dai suoi devoti attraversa le strade del paese, nel frattempo c’è chi cammina sorseggiando una grappa fatta in casa per riscaldarsi dalla fredda brezza di montagna, chi da uno sguardo veloce all’orologio, sono attimi di spasmodica attesa li sul Monte Epomeo, in località Pannoccia, quando poi all’improvviso ecco la carovana di fedeli fermarsi ed alzare gli occhi verso quell’angolo di montagna illuminato. In quel preciso istante i fratelli Mattera circondati dagli “Amici di Malvesiello” danno il là per festeggiare Santa Lucia con uno spettacolo pirotecnico tanto emozionante quanto spettacolare, e gli occhi oltre alle geometrie dei fuochi cercano in cielo anche il sorriso di papà Salvatore che da lassù osserva la sua festa.

Prima di entrare nello specifico di questo tradizionale appuntamento alle pendici del Monte Epomeo va detto che sull’isola i festeggiamenti patronali rappresentano una delle nostre caratteristiche culturali, anche perché custodiscono al loro interno momenti che comprendono spesso quel misto di eterogeneità che ben confonde, a volte, il sacro ed il profano, e si focalizza non solo nei confronti del Santo che si festeggia, ma anche a far conoscere gli usi e costumi dei diversi comuni dell’isola, con valori e saperi che riaffermano il senso di appartenenza, esaltando i suoi diversi aspetti folcloristici, spesso culinari, aspetti quasi sempre ben integrati e contornati da attrazioni spettacolari di luminarie, bande musicali, fuochi d'artificio ecc. ecc., insomma festeggiamenti non solo per gli autoctoni ma anche per il forestiero, il turista.

Ma Santa Lucia alla Pannoccia è un appuntamento che va oltre l’aspetto religioso, qui si vivono, o meglio si ri-vivono, sensazioni che il quotidiano troppe volte ci fa dimenticare. In primis la montagna luogo impervio e appartato, lontano dal mare, che nel secolo scorso ebbe un ruolo fondamentale: fu il riparo della popolazione locale durante gli assalti dei pirati, fu il nascondiglio dei briganti che difendevano la contrada di Monterone dai signorotti dell’epoca.
Salvatore Mattera, in arte Malvesiello, era un amante della montagna ed è ricordato ancora oggi oltre che per quella sua genuinità spontanea, anche e soprattutto per questa devozione, mista a fede e venerazione, nei confronti di Santa Lucia la protettrice degli occhi. Una fede che ha trasmesso ai suoi figli che continuano con orgoglio quest’appuntamento in cui misticismo e folklore si fondono per creare quel “phatos” che per la famiglia Mattera è una dimensione intima e personale da condividere come amava fare il padre. Salvatore aspettava questo giorno come i bambini aspettano il natale, leggevi la gioia nei suoi occhi quando seduto a capotavola raccontava storie e aneddoti delle edizioni passate, ma personalmente il momento più emozionante era quando cercava di spiegare i valori e la storia di questo appuntamento al turista straniero di turno nella lingua che mette d’accordo tutti, quella del sorriso e della gestualità delle mani:momenti impagabili!

Il giorno della festa inizia alle 07.00 del mattino con una messa solenne nella chiesa omonima, affollata e addobbata a festa, all’esterno il profumo delle noccioline e del torrone mentre il tintinnio delle campane accompagna la benedizione dei fedeli. Dalla piazza si raggiunge la Pannoccia dove intanto un primo gruppetto di amici si prepara alla “colazione da Tiffany” offerta dai “Malvesiello brothers”: insaccati,alici sotto sale, prosciutto fatto in casa, salsicce artigianali, pane casereccio per il trionfo della genuinità. Nella piccola cucina un via vai di persone, ognuno con un compito preciso per preparare il pranzo. Intanto uno stereo di vecchia data porta gli echi della musica nell’intera vallata, si ricomincia dall’ultima canzone dello scorso anno con capolavori di Salvatore Di Giacomo, Sergio Bruni, Libero Bovio, ogni anno la stessa scaletta: è il segnale che la montagna è in festa.

Il via vai di persone è continuo e appena arrivati dopo una faticosa arrampicata si prende fiato con la gigantografia di Malvesiello che sembra prendersi beffe di chi ansima con il fiatone maledicendo le sigarette o promettendosi di iniziare una dieta l’indomani, ma la fatica diventa piacere quando la vista offre un panorama di incomparabile bellezza. L’infinito del mare con la chiesa del Soccorso in lontananza e quel grande abbraccio che parte da punta Imperatore ed arriva fino alla punta Caruso. La tavola è pronta ma non prima del rito del vino nuovo espletato dal “Presidente” Mimmo Calise nella cantina colonica di tufo verde, dove il tempo sembra si sia fermato, l'odore forte della campagna,del legno dei tini, un ensemble di profumi, celebrando la nuova annata che riporta alle lunghe giornate trascorse tra il sole dei filari, alla vendemmia popolare fatta di braccia stanche e di mani colorate di mosto e di un vivo brulicare tra i vigneti che va indietro nel tempo quando tutto era più genuino ed il contatto con la terra intenso.

Il pranzo è frugale, buono perché è semplice con quei sapori che diventano un tutt’uno con i colori della tavola in un atmosfera di festa che contagia soprattutto chi sale alla Pannoccia per la prima volta, si abbandonano quelle formalità del nuovo arrivato, lasciandosi andare, ridendo e scherzando e promettendosi di ritornare l’anno prossimo.
Le ore che dividono dal gran finale sono trascorse sulla terrazza sorseggiando caffè, riscaldandosi con la grappa della casa , ma soprattutto ascoltando le storie dei vecchi amici di Malvesiello. Coloro che hanno vissuto e quindi possono veramente raccontare,quelli che con un semplice racconto ti riportano come per incanto sulla scena facendotela vivere per l’intensita dell’interpretazione, con il capannello di persone che diventa sempre più folto,un po’ come la scena del cavalluccio rosso tratto da “Cosi parlò Bellavista”. E’ sicuramente tra i momenti più commoventi con storie raccontate in quel dialetto stretto che è il filo di collegamento con un periodo storico che sembra lontano anni luce, le battute sono esilaranti con un continuo chiedere, voglia di sapere: nessun futuro, bello e globalizzato che sia, può fare a meno del nostro passato.

Oggi gli “Amici di Malvesiello” continuano questa tradizione supportando i fratelli Mattera con una “direttivo goliardico” che attende in silenzio il gran giorno, perché l’importante non è quanto aspetti ma chi aspetti, e Santa Lucia alla Pannoccia val bene un attesa che dura 364 giorni, fino alle 17.30 del 13 dicembre quando…

di Maurizio Orlacchio

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