Ad Ischia è tempo di vendemmia, tempo di felicità

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"Et però credo che molta felicità sia agli uomini che nascono dove si trovano i vini buoni" Leonardo da Vinci.

"L'estate è finita ed i bar sono chiusi per ferie
chi ci ha una donna sta in casa e affitta videotape ultima serie....." cosi inizia una famosa canzone che richiama ad uno specifico periodo della nostra stagione, quando le giornate iniziano ad accorciarsi e le prime copiose piogge sanciscono la fine dell'estate isolana.

Un po' dovunque, attraversando le strade dell'isola, si incrociano ischitani con il loro carico di uve destinate alle diverse case vinicole disseminate sul territorio, o nelle cantine private per la classica vinificazione ad uso domestico. È tempo di vendemmia, è tempo di felicità!

Un momento unico ovunque essa si consumi, quando le cesoie tagliano il primo grappolo, dopo un anno di lavoro, un sospiro di sollievo esce quasi naturale con gli acini che brillano al sole, l'odore forte della campagna, un ensemble di emozioni senza nessuna distinzione sociale perché la vendemmia è di tutti, fatta di lunghe giornate trascorse tra il sole dei filari ed il fresco della cantina, di braccia stanche e di mani colorate di mosto e di un vivo brulicare tra i vigneti. Secoli di coltivazione della vite, secoli di fatica nei campi, ma soprattutto secoli di buon vino.

Un rito antichissimo, cui sono legate generazioni di agricoltori,appassionati ed intenditori, uniti nel celebrare la festa in onore del dio Bacco, in cui la tradizione si fonde amabilmente con le nuove tecniche e le più aggiornate teorie enologiche: è il rito della vendemmia isolana.  Una tradizione che va indietro nel tempo quando tutto era più genuino ed il contatto con la terra intenso e ci riporta, alle antiche rotte lungo il Mediterraneo, ai leggendari avventurieri di Calcide ed Eubea che nel lontano VIII secolo avanti Cristo scelsero le nostre coste per stabilirsi e iniziare la coltivazione della vite. Il clima mediterraneo, i terreni lavici e tufacei, la brezza marina con vigneti  disposti a terrazze delimitati dalle cosiddette "parracine", muri di tufo a secco,sono il contorno di giornate emozionanti che terminano quando inizia la festa della vendemmia. Palmento, torchio, tini, "cufanelle", "a' carcatura":  tradizionali espressioni lessicali, che dal suono più autenticamente dialettale mutano oggi, fino ad italianizzarsi quasi completamente.

La cerimonia della raccolta e del trasporto di uve e grappoli conserva in sé i caratteri del romanzo che vede  protagonisti coloro che, con la vendemmia, sperano nella buona annata e che i propri sforzi – quel lungo e duro lavoro di potatura e di continua e premurosa cura della vite- non siano vanificati, e questo vale sia per l'appassionato che per il viticoltore di rinomate cantine. Un evento che non dimentica questi echi storici e poetici, ma li fonde con un moderno ed efficiente know-how, con procedure innovative, e all'avanguardia. Tutto ciò sempre e costantemente all'insegna del rigore e dei sapienti insegnamenti dei nostri avi. Basti pensare che l'uva viene ancora oggi raccolta a mano e trasportata a spalla in ceste o piccole cassette in modo da garantirne l'integrità utilizzando contenitori tradizionali per il trasporto, tutti in legno di castagno.

Sono forse proprio questi saperi, questi antichi insegnamenti, la componente più attraente e suggestiva della vendemmia, quel patrimonio di conoscenze  impreziosito dall'antica esperienza e dai segreti che solo chi vive quotidianamente il contatto con la terra sa apprendere e mettere a frutto esaltando  il mosaico della Vitis Vinifera che ogni anno regala emozioni differenti e sensazioni inaspettate.

Per rendervi ancora più partecipi di questa tradizione ecco la testimonianza di chi ha ereditato dal nonno la procedura classica. Salvatore Mattera è un  affermato geometra di professione ma come tanti professionisti isolani vive le tradizioni con tanta passione che viene sintetizzata in questo scritto recapitatomi, e che faccio vostro ringraziandolo perché sono convinto che tutto va perduto se non si comprende che nessun futuro, bello e globalizzato che sia, può fare a meno del passato.

Ecco la sintesi integrale:

" Si inizia con il lavaggio delle botti;lavaggio dei tini, recipienti di legno usati per trasportare l'uva; del torchio, del palmento,dove viene pigiata l'uva, e di tutti gli attrezzi necessari alla raccolta. Le persone più anziane provvedono al taglio mentre i più giovani trasportano l'uva in cantina e l'accumulano nel palmento.

Completata la raccolta si procede alla pigiatura detta "carcatura" (previo accurata pulizia dei piedi) dell'uva nel palmento superiore e di maggiore ampiezza.

Dal palmento superiore il mosto pigiato defluisce nel palmento inferiore, detto "liscituro" da dove viene raccolto e versato nelle botti.

Le vinacce, ancora pregne di mosto, vengono passate per il torchio meccanico per raccogliere fino all'ultima goccia di mosto.

La fermentazione del mosto  inizia nelle 24/48 ore successive e dura per circa 25/30 giorni al termine dei quali si controlla la corretta trasformazione dello zucchero in alcol.

"A S. Martino ogni mosto è vino", intorno alla metà di novembre, si ha  la fermentazione completa ed anche se  pronto per essere bevuto rimane ancora torbido.

Con l'arrivo dei primi freddi, ad inizio dicembre, si procede al primo travaso per eliminare la "feccia", costituita dalle scorie delle vinacce, che nel frattempo si è depositata sul fondo della botte; così il vino, divenuto chiaro è pronto per essere bevuto".

Ma il momento più coinvolgente di ogni vendemmia è...quando finisce tutto. Quando gli attrezzi si posano, l'uva è messa a riposo e deve fare il suo lavoro lento: e dopo tanta fatica la tavola deve essere "importante", il cibo forte e ristoratore. Una vera e propria festa,nell'aria questo intenso profumo dei grappoli appena raccolti che inebria ed emoziona, il sapore degli acini maturi al punto giusto che addolciscono il palato, le canzoni, le cantilene e le filastrocche accompagnano il pranzo che si consuma tutti insieme con una grande tavolata all'aperto, dove si banchetta con i tradizionali bucatini al sugo di coniglio, il vino vecchio spillato nei boccali di terracotta (detti arciulo) e il tipico coniglio alla cacciatora cucinato nel tegame di argilla, U tian',  rimandando all'aspetto giocoso e festoso della vendemmia,conservando ancora oggi quella magia che ne fa una festa dove sacro e profano, fede e laicità si fondono per una tradizione millenaria: è tempo di vendemmia, tempo di felicità!

di Maurizio Orlacchio

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Info su Ischia

  • Superficie: 46 Kmq
  • Altezza: 789 mt
  • Lat.: 40° 44',82 N
  • Long.: 13° 56',58 E
  • Periplo: 18 miglia
  • Coste: 51.2 Km
  • Comuni: 6
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