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Da Pithekoussai a "Laccos"Il Comune di Lacco Ameno è situato nella parte nord occidentale dell'isola, si estende lungo il mare sulle prime pendici dell'Epomeo con il suo caratteristico scoglio, a breve distanza dalla riva: il Fungo. Ha una superficie di 2,07 Kmq con un altitudine che va da m. 0 sul livello del mare ai 300 della contrada Fango. Il toponimo deriva da "laccos": conca, avvallamento. Nel 1862 il consiglio comunale deliberava di chiedere al re Vittorio Emanuele II l'aggiunta di AMENO al nome LACCO, concessione accordata con decreto ministeriale del 4 gennaio 1863. Conta una popolazione 4.079. La sua configurazione fisica corrisponde, come hanno dimostrato gli scavi archeologici, al sito ove, verso la metà dell'VIII secolo a.C., Greci provenienti da Calcide e da Eretria, importanti centri dell'isola Eubea, sbarcarono, fondandovi una città cui dettero il nome, esteso poi all'isola intera, di Pithekoussai. Scelsero il promontorio di Monte di Vico, cinto da tre parti dal mare e facile da difendere, con una vasta superficie piuttosto pianeggiante, adatta per potervi far sorgere l'acropoli. Nel suo sviluppo la città comporterà poi la necropoli nella valle di San Montano, un quartiere metallurgico a Mazzola sulla collina di Mezzavia e gli approdi della baia di San Montano e della marina di Lacco Ameno, che "allora presentavano molto più spazio per tirare le navi a secco, differenza dovuta a fenomeni di bradisismo". Il sito di questo primo stanziamento greco in Occidente fu individuato dal sacerdote e dottor fisico di Lacco Ameno, Francesco De Siano (1740-1813).Gli scavi e gli studi di Giorgio Buchner, Pietro Monti e David Ridgway hanno confermato le tesi di De Siano. Esperti dell'arte figulina, i Greci sfruttarono i giacimenti argillosi dell'isola, dando vita ad una fiorente industria vasaria, che, imitando dapprima forme euboiche, andò a mano a mano arricchendosi fino alla produzione di vasi tipicamente pithecusani. Furono anche provetti modellatori del ferro, importato dall'isola d'Elba, e abili nella lavorazione degli oggetti preziosi.
Gli scavi archeologici, eseguiti alle falde di Monte di Vico e, precisamente, nella zona ove sorge la chiesa di S. Restituta, hanno anche messo in luce un tempio di età repubblicana ed una palestra recintata da parapetti in opus reticulatum, segni dell'esistenza d'un villaggio romano in funzione sin dal I secolo a. C. Il complesso, detto Eraclius, costituiva il centro di vita del villaggio romano: un insieme di tombe, due cuniculi catatacombali e tombe ad arcosolio nonché una lucerna fittile (prima metà dal V secolo) con incise le figure di due personaggi che reggono sulle spalle una sbarra da cui pende un grappolo d'uva (simbolo cristiano molto antico); altre lucerne, inoltre, con il monogramma della Croce, databili tra il IV e VI secolo, fanno pensare alla presenza di una comunità cristiana, pronta ad accogliere la salma di Santa Restituta, la martire cartaginese che, secondo il racconto di una Passio anonima (XI secolo), fu sepolta in loco qui dicitur Eraclius. Comunità esistevano, infatti, nel II-III secolo, come attesta il ritrovamento di frammenti di ceramiche pagane e cristiane nonché tracce di banchetto funebre all'aperto. Il materiale d'importazione ritrovato (ceramiche dal I al IV secolo di fabbricazione puteolana, ceramiche provenienti dal Nord Africa ) dimostra, d'altra parte, come l'isola fosse uno degli approdi privilegiati lungo le vie commerciali marittime del Mediterraneo e, quindi, aperta all'ingresso del Cristianesimo. E' giusto presupporre, quindi, che case private abbiano accolto il messaggio evangelico, prima che la comunità diventasse organizzata e prima che sorgesse la basilica paleocristiana del III-IV secolo, "un edificio sacro non poteva sbucare all'improvviso senza il lento processo formativo e costitutivo di una comunità cristiana già organizzata". (a cura di Giovanni Castagna)
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