Il trekking dell'anima nell'isola perfetta
*…Questa vicina è Ischia, e Ischia è la perfezione… La splendida Isola ride giocosamente in mezzo alle onde e trae quasi con lacci incantati la navicella sempre più presso alle sue sponde, che appariscono tutto intorno ricinte di una oscura fascia di lava sulla quale spumeggia rumorosa la marea. Se il sole batte sull’Isola si possono anche dal mare distinguere nettamente le forme e le specie dei singoli alberi. Ed è specialmente l’albero della pace, l’ulivo, che con il grigio fogliame e co’ rami verde-cupi risaltanti sul fondo bruno del terreno di tufo forma una gradevole armonia di colori in mille finissime gradazioni di tinte.
Né v’ha paese, in cui le abitazioni umane, le case de’ vignaiuoli e le ville appariscano così pulite, di tinte così nette, come in quest’isola, ove l’aria è sempre purissima.
*(Questi e i successivi corsivi sono tratti da: Italia viaggio pittoresco, dalle Alpi all’Etna, C. Stieler, E. Paulus, W. Kaden - Fratelli Treves editori 1876, dal cap. “Le tre isole sorelle” – pagg 501-504).
I sentieri d’Ischia sono un intreccio segreto talvolta nascosto dalla selvaggia vegetazione e dal tempo che inesorabile ne cancella le tracce regalando alla natura il suo disordinato ordine delle cose… Il pensiero va a mio padre, all’amore profondo p’a Muntagn’, il cono tufaceo che veniva vissuto come vetta quasi alpina dagli abitanti dell’isola. Gli abitanti delle frazioni “di sopra” (mer ‘e copp) e di sotto, lungo le coste (mer ‘e vasc) si incontravano come appartenenti a mondi o addirittura etnìe diverse grazie ai loro baratti e scambi (‘u cala cala).
[…] scorgiamo l’Epomeo, vetta piramidale in cui si acumina l’Isola d’Ischia. I campi di quest’ultima si distendono in una tinta d’azzurro cupo lungo i fianchi del maestoso monte che torreggia nel suo mezzo, e numerosi paeselli risplendono piacevolmente fra le oscure macchie degli alberi, gradito e seducente spettacolo.
Dormire nelle case di pietra
Fino a qualche anno fa mio padre amava, nei giorni precedenti alla festa di Santa Maria al Monte (12 settembre) farsi accompagnare a Serrara, fino alle porte del bosco dei Frassitelli e poi della Falanga. Aveva con se una sacca con poche cose, si avviava sulla stradina, lo osservavo fino alla sua “selva oscura” e non si girava mai indietro. Trascorreva due o tre giorni nel bosco, dormiva nelle vecchie “case di pietra” (cellai e ovili scavati in massi tufacei), rigorosamente solo, a cercare il suo tempo, probabilmente a ritrovarsi… La mattina del 12 settembre andava alla chiesetta di Santa Maria del Monte dove avrebbe incontrato fisicamente il suo mondo di affetti cari ed antichi, la sua gente.
Si procede sotto folte boscaglie di castagni e di fichi, e tra i rami si vede il mare di un azzurro profondo, simile a quello del cielo, rimanere sempre più addietro, poi, a volte una nebbia leggera…
Il “teatro” degli occhi si perde tra il verde della vegetazione e l’azzurro del cielo, da lontano si scorge il blu cobalto del mare. I boschi delle isole minori o quelli in prossimità delle coste hanno l’odore del mare che si mischia a quelli dei muschi, dei castagni, delle resine dei pini mediterranei, alla dolcezza dei fichi neri baciati dal sole, qui la selva tradizionale si alterna a macchia mediterranea. Nel fitto del bosco il vento suscita il frusciare delle foglie come un richiamo antico di voci eterne di uomini che vissero questi sentieri. Le pendici dell’Epomeo, esposte al sole e ai venti di mezzogiorno e di ponente erano coltivate a vite per la gran parte e, trattandosi di territorio inclinato,non poteva che essere ridisegnato in terrazzamenti delimitati da parracine (muri a secco), costruite con grande maestria da abili mastri: scegliere la giusta vreccia (pietra vulcanica), osservarne tutte le facce, ridisegnarla quanto necessario con colpi d’ascia e posizionarla lì, al posto suo, in un incastro perfetto, ovvero nell’unico posto della terra per il quale quella pietra era nata, originata dai lapilli vulcanici dell’Epomeo o delle varie bocche eruttive.
Nel territorio dell’isola si contano più che 12 coni di crateri, e come figlioli intorno al padre, essi fanno tutti corona al cratere dell’Epomeo; per guisa che, se tu sali alle falde di esso, ti aggiri d’ogni parte in mezzo a brune scorie, i blocchi di lava costituiscono i materiali che si adoprano per la costruzione dei muri, che recingono numerosi giardini, nei quali la popolazione con assidua diligenza coltiva dappertutto la vite.
La terra è la vita
Si viveva di Terra, ogni angolo possibile e adeguatamente esposto era coltivato con tutto ciò che si potesse coltivare nella stagione giusta. Poi c’era la selva, segreta cassaforte di tesori: le more delle rustine, i capenir (“teste nere”: funghi porcini) e tutte le varietà di funghi non sempre perfettamente commestibili (andavano bolliti prima, per eliminare il veleno); gli asparagi selvatici, le erbe officinali, le castagne e i legnami. I legnami, oro prezioso che veniva utilizzato anche per coprire e isolare termicamente le “fosse della neve”, grandi buche circolari scavate nella Falanga per raccogliere neve e grandine invernali utilizzati poi come ghiaccio durante i periodi più caldi.
Il vulcano delineò i contorni dell’isola, dandole forma rotonda, mentre altre forze minori co’ loro sconvolgimenti apparecchiavano il frastaglio delle ornamentazioni.
Queste furono prodotte dalle spaccature, che, dopo il raffreddamento del cratere principale, si apersero nelle masse di lava, spingendo le materie ancora fluide oltre i limiti della forma primitiva nel mare e disegnando così intorno all’isola una corona di promontori e di punte.
La carrabile che dai bordi del cratere del Vatoliere (versante interno e meridionale) attraversa la frazione di Chiummano e si arrampica verso il monte Barano. Arrivati all’estremità alta lo scenario cambia totalmente: il margine addolcito della collina del suo lato interno diventa una falesia molto inclinata su quello esterno, si tuffa quasi verticalmente nella macchia mediterranea di ripidi tornanti fino ad una costa di sassi arrotondati, e al blu cobalto del mare. Il vento trasporta perledi sale che accarezzano sottili e robusti rami di ginestre, larghe foglie di acanto e imponenti agavi con i loro maestosi fiori, l’albero ‘e cientanne. L’alto costone accompagna il “Sentiero dell’Anima” lungo la Scarrupata di Barano, discende al promontorio di San Pancrazio con le sue verdi coltivazioni di ulivi per poi risalire al Piano Liguori e terminare nel presepiale borgo di Campagnano.
Questo paesaggio produce una specie di accecamento e il viaggiatore lo sente, e, piuttosto che ridipingerlo con parole fredde e insufficienti, depone la penna poiché v’hanno quadri che si possono vedere, ma che riesce impossibile di descrivere.
Il tappeto volante del viaggiatore
Il versante nordorientale dell’isola è particolarmente ricco di formazioni geologiche riconoscibili dagli imponenti crateri farciti di pietra nera e vulcanica. Il bosco della Maddalena, il Montagnone e il Rotaro (Cretaio) sono le colline arrotondate che si susseguono lungo un orizzonte rivestito di antiche pinete e un ricco sottobosco di lecci, corbezzoli, eriche, il profumato mirto e fastose edere. I pennacchi del papiro delle fumarole disorientano gli occhi del viaggiatore che viene trasportato tra scenari esotici in ambienti tropicali. Il Fondo Ferraro, caratterizzato da un fitto castagneto, termina al villaggio di Fiaiano. Da qui una rigogliosa pineta sorta sulla colata lavica dell’Arso (eruzione del 1301-1302) conduce fino al “Lago de’ Bagni”, l’attuale porto d’Ischia. I sentieri, le strade collinari trasportano il viaggiatore come su un tappeto volante tra mondi lontani nel tempo e nello spazio.
Le parole di una lettera scritta dalla vetta del monte d’Ischia a un amico chiuderanno codesta descrizione, alla quale oggi nulla di più sapremmo aggiungere: L’animo mio ha ricevuto l’immagine di un bello e purissimo quadro, uno di quelli che, come raggio
di sole olimpico, rimangono in perpetuo fra le nostre ricordanze, uno di quelli che, per parlare cristianamente, rassomigliano a un’occhiata data nel paradiso sognato ai tempi della nostra giovinezza. […] Qui non si respira altro che letizia e felicità.
L’Associazione Nemo dal 1. giugno 2016 ha aperto una nuova divisione trekking avvalendosi delle collaborazioni di esperti che si aggiungono alla squadra di operatori e guide: Francesco Mattera, laureato in Scienze ambientali, appassionato di botanica e responsabile della sottosezione CAI (Club Alpino Italiano) di Ischia; Agostino Iacono, viaggiatore ed attento conoscitore della montagna ischitana e delle sue storie; Stefanie Mayer, appassionata ischitana di adozione che ha fatto dei sentieri ischitani la “sua” collina. Con loro, lo staff già presente: Gianluca Iacono e Luca Tiberti laureati in Scienze ambientali. Gli operatori Nemo sono iscritti al Registro nazionale delle Guide ambientali escursionistiche (GAE) o alla Federazione italiana escursionismo (FIE) . Le escursioni sono rivolte all’interpretazione delle “cose della montagna”, ai suoi segni intrinseci, storie, tradizioni, culture. Le guide di Nemo proveranno a stimolare l’anima oltre gli occhi, con il sapore vulcanico del vino fresco di vecchie cantine scavate nel tufo, del pomodoro appena colto, del basilico e della cipolla, gli odori penetranti della Terra e delle erbe dei boschi, attraverso l’ascolto di storie antiche scritte nelle pietre e sulle foglie, mentre le mani afferrano arbusti e che “sentono” la terra.
Le informazioni sulle escursioni dell’associazione Nemo sono presenti sul sito: http://www.ischia.it
Per le prenotazioni si può contattare il 0813334747