Vongole, seppie, pinoli e poi? La freschezza del limone

Vongole, seppie, pinoli e poi? La freschezza del limone

Dal mio primo giorno in cucina ho convissuto con un incubo: mettermi al passo. Praticamente ho cominciato a cucinare in un'età che per molti chef, cuochi, cucinieri è già età di consacrazioni e soddisfazioni. Iniziare a cucinare a 23 anni è come decidere di iniziare a giocare a calcio a 40 anni, i tuoi coetanei colleghi hanno molta più esperienza di te, loro sono cresciuti in questo mondo, a 14 anni già facevano strage per le cucine, studiavano il cibo a scuola. Io a 14 anni mi occupavo dell'affitto delle canoe di zio Aldo, e da lui ho ricevuto il mio primo stipendio. Quello che studiavo al liceo erano numeri, equazioni, logaritmi, volevo diventare ingeniere...

Equazioni, logaritmi ed estati calde

E mi iscrissi all'università, sempre perchè volevo diventare ingeniere: 6 mesi di studio a Perugia. Ingenieria, ambiente e territorio. "Studia quello" mi dicevan, è il futuro. Un mese prima del famoso caso Meredith ho deciso di lasciare Perugia, mi mancava il mare, casa mia, la mia fidanzata, quella che fra poco diventerà mia moglie! Studi interrotti, inizia l'estate, come sempre lavoricchio al ristorante di famiglia, sono passati ben 7 anni da quando affittavo le canoe, ora lavoro in sala a contatto con la gente: mi piace questo mestiere, lo faccio con passione, è bello stare a contatto con i clienti.

Ma volevo diventare ingeniere, quindi torno all'università e mi iscrivo alla Federico II, sempre ingenieria ambiente e territorio. Due anni di studi, 6 esami confermati, studio in inverno lavoro in estate, 6 esami fino a giugno 2011, la stagione è alle porte, i miei risultati universitari sono scarsi, in fondo a me piace la bella vita universitaria non l'università in sè, parliamoci chiaramente sono sempre stato un tipo pratico. Aspettavo con ansia l'estate per iniziare a lavorare, guadgnare qualche soldo per divertirmi.

E come ogni estate lavoro al ristorante di famiglia, Ida, il mio ristorante, l’ho sempre sentito mio ma mai mi sono sentito parte completamente integrante di questo mondo, forse perché l’ho fatto in modo superficiale o forse perché facevo un lavoro che avrebbe potuto fare qualcun altro al mio posto. Mio padre Giovanni, che mi ha fatto fare la bella vita per anni, decide che è il momento di smetterla di fare «il fesso per non andar alla guerra» e mi dice chiaro e tondo: «Decidi cosa vuoi fare, o ti laurei o il lavoro per te ci sta, ma in cucina, è lì che servi».

Una rana pescatrice di tre chili!

Sapevo che l’università sarebbe durata al massimo un altro anno, dopodiché avrei gettato la spugna, quindi scelsi di intraprendere questa strada che per me fu una specie di aut aut. Giugno 2011, primo giorno in cucina, zia Pina decide che devo capire da subito che non sarà una passeggiata e prende una rana pescatrice di 3 kg, la appende allo scolapiatti e mi dice: «Iniziamo da qua, puliscila». Ora, credo che solo pochi conoscano la difficoltà di pulire una rana pescatrice, e io non avevo mai mangiato pesce prima di quel giorno (sembrerà incredibile: per 23 anni non ho mangiato pesce!) né tantomeno avevo la benché minima idea di come si pulisse, figuriamoci una pescatrice.
Con calma e pazienza zia Pina si mise vicino a me e, cavolo se non ho pulito quella pescatrice. L’esperienza con zia Pina è durata per due estati, la sua missione era quella di insegnarmi quante più cose poteva prima di pensionarsi… anche se lei in pensione non riesce a stare, fa Pesce di cognome, siamo fatti per lavorare. In due anni è riuscita a trasmettermi quello che lei ha appreso in 40 anni di questo mestiere, anche se per me è stato non poco difficile condividere e capire tutto quello che mi ha trasmesso.
Dopo i due anni con zia Pina, la cucina è passata sotto il mio controllo, ma niente avrei potuto se non ci fosse stata mia madre a vigilare su di me (come fa ancora oggi). Lei ha preso una decisione molto difficile: mettersi da parte non è semplice per chi lavora in cucina e vive di pane e soddisfazioni. Dopo l’esperienza con zia ho avuto una delle fortune più grandi che mi potessero capitare, Crescenzo Scotti.
 
La visione gourmet

All’epoca lavorava al Regina Palace e si divideva tra albergo e ristorante gourmet: per la prima volta ho visto preparare piatti che non sono semplici spaghetti a vongole o fritture di pesce, e sono entrato nel mondo della bassa temperature, lunghe cotture, abbattitore, sottovuoto cose che mai avevo visto prima. È stato amore a prima vista: Crescenzo e il suo secondo all’epoca, mio cugino Marcello Pesce, mi hanno plasmato, io ero come una tela bianca sulla quale avrebbero potuto scrivere di tutto. Sarebbe rimasto indelebile su di me per sempre. Ricordo tutto quello che ho imparato in quel periodo. Così è arrivato il momento dei fatti: estate 2013, prima estate da “solo” (ci stava sempre mamma). In 6 mesi ho perso 17 chili di peso, crisi di panico, notti insonni, ansia, stress a volontà, alla fine ce l’abbiamo fatta. Le statistiche dicevano che dopo l’abbandono di zia Pina il ristorante Ida non avrebbe avuto vita facile e che il destino era segnato: noi ci abbiamo creduto, abbiamo puntato sulla continuità, ho cercato di fare quello che avevo imparato nel migliore dei modi senza cambiar nulla di una virgola. Il pronostico è stato ribaltato.
Finita l’estate si è accesa di nuovo la voglia di gourmet. Riesco a ottenere due settimane al ristorante Ikarus, di proprietà della Redbull all’interno dell’Hangar-7 di Salisburgo. Con il senno di poi non ero ancora pronto, ma lavorare in una cucina con una brigata di 30 persone e tutti i macchinari possibili e immaginabili, ingredienti da tutto il mondo, ha sancito il mio amore eterno per la ricerca del gusto e del nuovo. Torno a casa carico di idee, iniziata l’estate avevo solo voglia di stravolgere la cucina del ristorante Ida, creare piatti, svecchiare il menù, porzioni più piccole e soluzioni raffinate, dimenticando però l’essenza e l’anima del ristorante. Ho iniziato a comprare prodotti costosi ed estranei a noi, cercavo di cancellare la tradizione.

La tradizione non si cancella

Mio padre è dovuto intervenire ancora. Ci siamo scontrati perché ormai le mie idee erano diverse dalle sue, ero convinto di sapere tutto, che la nostra cucina era vecchia e superata, ma è riuscito a farmi apprezzare la cucina giusta per il nostro ristorante: tradizione con prodotti di qualità, porzioni giuste e un ventaglio di proposte che accontenta un pubblico variegato senza frontiere. Finiamo un’altra estate, con un po’ di disaccordi. Arriva la volta della Francia. Francesco Armato, quasi mio coetaneo che ha lavorato per tanti anni nelle cucine d’elite italiane, da Cracco ad Alajmo, si trasferisce in Alsazia, dove parte da zero con Aromi e Sapori, a Zimmersheim, e cerca brigata. Trascorro due mesi da lui. Prende forma la padronanza delle tecniche, il ragionamento dietro a un piatto, lo studio per trovare l’equilibrio. Francesco mi ha insegnato questo.
Torno in Italia, affamato di conoscenza. Pierfranco Ferrara, chef del Faro di Capo d’Orso a Maiori, tiene un corso di 4 giorni sulla cucina stellata della Costiera. Ci vado subito. Lo chef mi riporta con i piedi per terra che erano decollati dopo l’Austria, mi insegna a valorizzare i prodotti nostri: limoni, basilico, oli, formaggi. Tutto quello che ci serve si trova qui, senza bisogno di arrivare in Burundi.
Una nuova estate è alle porte, mio padre ha un’idea su un nuovo piatto (ha assorbito un po’ di voglia di cambiamento), e lo proviamo a casa. Vongole, seppie e pinoli. Una goduria. Ragioniamo, proviamo e assaggiamo, riproviamo. Ci manca qualcosa, il limone, ecco! Nasce il nuovo «spaghetto alla Ida», il primo di una lunga serie di altri piatti, studiati con sapienza, con prodotti nostri. Da quel giorno le idee sono discusse insieme, cerchiamo di trovare il giusto equilibro tra stagionalità e reperibilità dei prodotti freschi, attingiamo all’eccellenza della nostra terra. Oggi posso affermare con certezza che la mia cucina è tradizione in evoluzione, con uno sguardo al futuro ma con i piedi ben piantati sul presente. Mi sento molto cambiato dal quel lontano 2011 ma oggi come allora devo mettermi al passo.