Aenaria, la mitica città romana restituita dal mare

aenariaPer diciannove secoli la folta prateria di Posidonia l’aveva custodita e protetta. E l’antica Aenaria era ormai solo una leggenda. Come l’approdo di Enea, in quella baia accovacciata tra l’isola grande e il Castello Aragonese. Dove nessuno aveva mai trovato tracce della mitica città romana che aveva trasmesso il suo nome all’intera isola. Fino all’estate del 1973, quando due amici, durante un’immersione tra gli Scogli di Sant’Anna, ripescarono  una strana “cosa” dall’aspetto antico. Galena, avevano sentenziato gli esperti. Che fosse un primo segno dell’esistenza di Aenaria? La risposta, positiva, arrivò dalle ricerche compiute per tutto il mese di agosto, che riportarono alla luce reperti in grado di testimoniare una città sommersa, precipitosamente abbandonata dagli abitanti tra il 130 e il 150 d.C., prima di essere inesorabilmente inghiottita dal mare.

Era stata un’estate rivelatrice. Al di sotto delle alte piante acquatiche e dello strato di sabbia, a circa sette metri di profondità furono recuperati molti oggetti di terracotta di uso quotidiano, riconducibili ad un periodo tra il III secolo a.C e il I  d.C. Molti di fattura locale, altri delle più diverse provenienze. Doveva essere un centro ben collegato, allora. E certamente florido. Tra i tanti reperti di metallo restituiti dal mare, uno si fece notare per le inconsuete dimensioni. Si trattava di un grosso lingotto di piombo di oltre 36 chili. Con una scritta, anzi una firma: Gneo Atellio. L’avevano trovato nei pressi  di una struttura in “opus reticulatum”,  insieme ad alcuni blocchi di galena, la preziosa materia prima da cui si estraevano piombo e argento, con altri lingotti di stagno e rame e oggetti tipici dell’industria metallurgica. Non era una costruzione qualsiasi, ma quanto restava di una fonderia. Che, al contrario di altre forse attive in città, aveva tramandato il nome del suo proprietario. Identico a quello di un altro artefice dell’epoca, già noto agli archeologi  per via di una importante officina di lavorazione dei metalli a Cartago Nova, in Spagna. Tutti e due appartenenti alla “gens” degli Atelli, di origine campana, che si era conquistata la cittadinanza romana durante la Guerra Sociale. Una famiglia dedita alla lavorazione dei metalli  tra Ischia e la Spagna. E non a caso dalle miniere spagnole arrivava la materia prima di eccellente qualità utilizzata nella  “plumbaria” di Gneo, ad Aenaria.
Aenaria da “aenum”, metallo, dunque. La scoperta di una intensa attività metallurgica spiegava in modo finalmente convincente l’origine del nome della città ritrovata. Sulla quale, però, dopo l’estate calò di nuovo il silenzio, lasciando che il mare ne tornasse padrone.
Lo rimase per altri quarant’anni, durante i quali di Aenaria furono visibili solo i reperti, oggi esposti  nel Museo Archeologico di Pithecusae, a Lacco Ameno. Ma ormai la presenza di una città sott’acqua era nota e la si citava ai turisti che frequentavano la splendida baia sotto al Castello.
A rilanciare il percorso bloccato nel ‘73 fu un progetto di ricerca e valorizzazione del sito archeologico di un gruppo di giovani isolani, figli dei soci della cooperativa che traghetta i turisti da un punto all’altro della baia. Così, dopo il via libera della Sovrintendenza archeologica, titolare della direzione scientifica dell’impresa,  nel 2011è ripreso lo scavo su Aenaria. Da allora, ogni anno, in primavera e in autunno, un’èquipe di sub specializzati, sotto la supervisione dell’archeologa Alessandra Benini, procede al disvelamento della città invisibile.
Protetta dai venti e più sicura di oggi, grazie a una scogliera naturale che delimitava il lato aperto della baia, la linea di costa era nell’antichità molto più avanzata e dov’è ora il mare si estendeva l’insediamento costiero collegato alle zone abitate sulle alture circostanti. Perciò gli inconfondibili Scogli di Sant’Anna hanno rivelato manufatti oggi in parte sommersi. Come il ninfeo ricavato in una grotta all’interno di uno scoglio o il lungo corridoio nella roccia che ne attraversa un altro, probabilmente in comunicazione con una villa marittima.
Anche sul litorale di Aenaria le “villae maritimae” non dovevano mancare. A rivelarlo sono colonne di pietra, basamenti, frammenti di statue e di pitture murarie, tantissime tessere di mosaico bianche e in pasta vitrea, materiali da costruzione  e oggetti ceramici da mensa di pregio. E sempre sotto il mare sono stati ritrovati tratti murari e l’inizio della strada che s’inerpicava sulle colline.
Ma a dominare nella baia era il porto, fulcro degli scambi commerciali che Aenaria intratteneva nel Mediterraneo. Oltre ad esportare le produzioni locali, i reperti rinvenuti raccontano di merci provenienti da ogni angolo del Mare Nostrum. Intensissimi erano i traffici quotidiani sulla banchina in “opus cementicium”, costruita tra la fine del I a.C. e l’inizio del I d.C., di cui sono stati riscoperti finora una ventina di metri e che ancora prosegue, sotto alla sabbia. E si stava lavorando ad un ampliamento, testimoniato da una cassaforma di legno, ottimamente conservata dopo duemila anni, destinata a contenere la gettata di malta cementizia per la costruzione del nuovo tratto. Interrotta dall’improvviso evento che spopolò la città.
In attesa di riaprire lo scavo a maggio, sono riprese le visite guidate al sito di Aenaria, sulla barca di “Marina di Sant’Anna” dal fondo trasparente. Alla scoperta delle bellezze paesaggistiche e delle suggestioni storiche della baia ai piedi del maestoso Castello Aragonese. Un’escursione di 50 minuti, preceduta, dall’accoglienza dei visitatori con un bel video esplicativo nella sala multimediale a pochi passi dall’imbarco, nel borgo di Ischia Ponte. Sorto nel 1300 dov’era un tempo il cuore di Aenaria.
Per info sulle visite guidate e prenotazione (obbligatoria) telefonare ai numeri 081-985510 e 984854.

 

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