E io vivo. In una grotta

cratecaIl periodo del Natale, porta con sé la voglia di celebrare la nascita ideale che si festeggia il 25 dicembre. Papa Giulio I nel 337 d.C. stabilì la ricorrenza della Natività, in quel giorno, poiché i romani già festeggiavano il Dies natalis Solis invicti, ossia il giorno di nascita del dio solare Mitra. Per Luigi Scuccimarra, organizzatore di eventi a Parigi e la sua famiglia, il Natale è soprattutto un momento di condivisione, di gioia e rinascita.

E si può celebrarlo anche d’estate, perché no, in vacanza, a Ischia con gli affetti più cari per rinnovarsi, continuamente. Perché esiste un modo per darsi una via d’uscita dal Natale che conosciamo e ripetiamo ogni anno secondo un manuale quasi tetro da cui non si può avere fuga. E staccare da quella zona che – come evidenziava lo scrittore Giorgio Manganelli – può definirsi “infelicità natalizia” contenuta nella scena pittorica nella rappresentazione del presepe. Quella di Luigi è una famiglia molto unita. Lui, nato in Madagascar da padre pugliese si è poi trasferito in Francia ed ha incontrato Valérie, giornalista e documentarista. Hanno due figli: Paolo e Nina. Gran parte dell’estate la famiglia l’ha trascorsa sull’isola, lontano dal caos. Dalle pendici del Monte Epomeo si sono spostati solo il necessario. Qualche volta sono scesi a valle per le scorte indispensabili. Di lì si gode di una magnifica vista panoramica sul mare. Di fronte, con Punta Imperatore sulla sinistra e Forio sulla destra si può dire di essere nel centro del mondo in quel microcosmo simbolico che è l’uomo e dall’interno di una grotta, osservare la terra, dall’alto. Oltre alla vista si viene avvolti da una tranquillità e una quiete naturale e rilassante circondati da alberi e vigne che trasmettono il suono dell’estate, distanti dal chiasso di auto e bagnanti che sembrano formiche in movimento. Un luogo adatto per avventurieri amanti della montagna, delle passeggiate, ma soprattutto, della natura. Proprio come Luigi che, da viaggiatore, è alla continua ricerca di se attraverso il contatto con la terra. «Ischia, da quassù pare un presepe. Un mondo ristretto, ordinato e mescolato di uomini e donne. Una struttura in cui si cela l’ozio attivo e creativo. Un complesso di elementi fatto di luoghi fissi e rappresentazioni il cui significato, se si osserva bene, va oltre il semplice ritratto paesaggistico o scenografico. Una trama composita con case e vecchie botteghe, in cui è ancora possibile scrutare il lavoro di mestieri antichi, come il ciabattino o l’artigiano, e vignaioli e contadini, e pozzi, fontane e acqua termale. Di gente meravigliosa dai sorrisi accoglienti e scenari naturali che trafiggono la terra. Nelle lunghe passeggiate nei boschi dalla casa di pietra in cui abbiamo soggiornato insieme alla mia famiglia, mi è capitato di incontrare pastori e acquistarne vino e formaggi, e greggi di animali al pascolo intenti a percorrere i sentieri venosi scavati nell’Epomeo. Un’isola magnifica, solare, paradisiaca di giorno, oscura e silenziosa di notte, in attesa dell’arrivo della luce che inonda Santa Maria al Monte, lontano dalla solita estate». Perché Luigi è uno audace. Quel tipo di persona che della natura impara la genialità, ne assorbe l’energia e i modi. Che ha plasmato sul viso, sulla pelle, sulle mani ossee e sottili, e nell’espressione del volto come nei gesti o nelle posizioni del corpo, la conseguenza visibile dei moti dell’animo. E tutto ciò inevitabilmente si trasforma in voglia impellente di conoscere. La casa in cui si sono rifugiati è completamente ricavata dalla roccia. Fatta di tufo verde, come le antiche case di Ischia, risale al 1300 e sorge sulla montagnola di Tagliavento. Un tipo di pietra che presenta solchi e spigolature che se lavorate con lo scalpello dell’esperienza può diventare una casa. Invece che col mare hanno preferito il contatto con la terra magmatica che nella sua sospensione comunica attraverso il movimento impercettibile. Tuttavia se non ci si può sottrarre al Natale, se ne può riprodurre l’animo, anche d’estate, in un moto ininterrotto, e uscire dallo spettacolo, dalla messa in scena del presepe simbolo stesso dell’evento e crearne uno nuovo. Riprodurre la nascita – di se – fuori dal presepe per tornare bambino con i bambini e far nascere non belle statuine poste a guardia della staticità ma animi da sviluppare, vita, atteggiamenti e sperimentazione. Non una visione agghiacciante a causa dell’immobilismo che fa vivere nel Natale uno scricchiolante imbroglio cosmico dentro uno spettacolo. Non un dipinto fisso che nasconde ogni altra cosa e ci fa guardare figurine di cartapesta, come in un presepe, la cui raffigurazione ci insegue selvaggia attraverso la sua rappresentazione. Dalla pietra nuda, invece, creatrice e rigeneratrice di nuova materia, simbolicamente costruirsi un nuovo suolo e restaurare la persona, se stessi. Ed è la casa - grotta il senso in cui tutto questo si manifesta. Una nascita che parte dal cuore, dalla voglia di essere partecipi nel mondo ma distanti. Alla ricerca di quella pietra nascosta, mentre si penetra l’essenza di se per iniziare una nuova narrazione e dare un significato allo stesso universo.