Peccati ischitani

ischia tramontoGianni ed Elena sono convinti che questi giorni diventeranno indimenticabili. È per questo che decidono di cominciare un sottile giochino. Nulla di scabroso, però. Un fine raffrontarsi col proprio intelletto e soprattutto col proprio cuore. «Scegline uno – sussurra tenero Gianni -, leggilo e poi giochiamo a capire se questo nostro amore somiglia a “Scandalo al sole” di Sloan Wilson, oppure a “Incontro d'estate” di Truman Capote». Per leggerli, Gianni li aveva letti e soprattutto divorati. 

A 18 anni o poco più, l’amorazzo estivo, cotto sotto il sole di agosto, bagnato dall’increspare delle onde quando il vento gira da Mezzogiorno a Maestrale, è forse il primo gradino della crescita ormonale, ma pure il primo pensiero d’amore. Siamo a Ischia, sponda napoletana delle vacanze piccolo borghesi, e corre – con la lentezza agostana – l’anno 2000. Al lido che sovrasta la “spiaggia degli inglesi”, incastonato tra l’arenile, gli scogli che appena affiorano e le poche cabine con colori pastello, ci sono due luoghi delle e per le tenerezze. Uno è senz’altro il bar-ristoro-solarium, dove ci si può infrattare nascosti nel retro della palazzina di tufo e pietra lavica isolana, lì dove i “bagnini” custodiscono ombrelloni e sdraio. L’altro posto all’ombra è nel mare dietro lo scoglio a forma di fungo che protegge da sguardi indiscreti.
Gianni proprio alle spalle del piccolo faraglione, si stringe a Elena e le propone quello che potrebbe essere il loro passatempo da oggi a quando sarà. Gianni è un ragazzo del Vomero, alto, bell’aspetto, liceo classico - ed è davvero bravo e diligente -, figlio unico di genitori ben affiatati e con un solo cruccio: essersi conosciuti tardi (entrambi quasi trentenni) e non aver vissuto un lungo fidanzamento. Papà Carlo ha, infatti, una sensibilità insolita nel seguire con discrezione l’innamoramento del suo Gianni, in particolare adesso con Elena. Un po’ meno attenzioni e un po’ più di diffidenza accompagnano, invece, mamma Laura: si sa, un maschio, per di più unico e a quanto pare irripetibile, è una corona poggiata sulla testa di una madre, grande attenzione a mostrarla nella sua lucentezza ma guai a scalfirla o, ipotesi, vedersela strappare. Ed Elena? Beh, lei è invece l’opposto di Gianni. Piccola, ma ben proporzionata, bruna con occhi con lampi azzurri, ha un caratterino che contagia, tuttavia a lungo andare ha lo stesso effetto del peperoncino. Lo assaggi, ti mette dentro quella vampata di sapore e poi ti lascia con l’aspro in bocca. La sua bellezza è contagiosa e sa trasformarsi in ciò che può attrarre un ragazzo: un mix di fascino, gioia e spensieratezza.
«Allora accetti il mio gioco? La sfida è quella dei due libri: io sono un folle testardo innamorato di te e voglio capire che amore è il nostro».
«Sì, sì, sì, secchione mio.  Dovrai, però concedermi un po’ di tempo, perché non sono tanto a mio agio con la lettura. Tu sei un geniaccio universitario, io nel mio corso di operatrice turistica potrei farci anche le cozze. I mei sedici anni li spendo altrove e non certo a farmi venire la scoliosi piegata sui libri. Mia sorella, invece, li finirebbe in sette giorni o meno».
«Già Alice, come sta?»
«Così e così, l’estate la sfibra, trasfigura la sua resistenza. È stanca sin da quando si sveglia, se si sveglia. A volte ho la sensazione che le medicine per l’acidemia metilmalonica sembrano non sortire effetti».
«Sei una persona speciale. Incredibilmente matta, apparentemente disinvolta, pure troppo, riesci ad avere intervalli di serenità e calma che ti invidio. E credo ti invidi pure Alice. Tu sei la sua migliore medicina».
«Ora voglio fare io un giochino a te: mettiamo che noi di qui a poco dovessimo lasciarci e che poi ci incontrassimo tra anni.  Per rivederci, qui, a Ischia. Tu saresti un tizio supersposato. Io maritata ma derelitta sentimentalmente. Seconde te scoppierebbe una scintilla e, soprattutto, lasceremmo tutto per ritornare insieme?»
«Non sappiamo mai di cosa parliamo quando parliamo d'amore? Comunque sia, abbiamo una certezza: ci tocca sempre pagare qualcosa. E basta questo a risponderti sì, stravolgerei la mia vita».
«Che palle! – sorride Elena, socchiude le labbra per dargli un piccolo bacio - Pure se devi dirmi sì o no fai sfoggio della tua dialettica altisonante. E, secondo me, incomprensibile».

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mare ottobre
“Sono arrivato a trentadue anni con un cesto gonfio d’amarezze. Così ho atteso il concludersi del mio terzo decennio per fare un resoconto del mio passato e l'inventario del carico di delusioni: troppo pieno di vita disillusa, era tempo di svuotarlo e lasciarci dentro solo i bei ricordi, pronti per essere riproposti nei momenti più sofferti.
Ma quella ferita rimaneva lì e, il tema amore, mi era causa di paura.
Io ed Elena ci eravamo rivisti ma solo per un lungo saluto e basta. Ora avevamo passato il pomeriggio insieme a cercare un regalo per Alice, la sorella ormai guarita dalla malattia e piena di vita, certamente più di Elena, aveva organizzato una gran festa e non era carino che io andassi a mani vuote...
Non avevo la minima idea di cosa regalarle. E nemmeno Elena se ne preoccupava. In sei giorni di ripresa della relazione, aveva serenamente ignorato gusti e tendenze, né più né meno di come faceva con me quando eravamo insieme, qui a Ischia. Lei non era certo una "mentale", amava con il corpo ... e non solo per far sesso, tra lei e me c'erano sempre ricerca e vicinanza fisica.
Lì per lì aveva sbrigativamente deciso per il primo oggetto visto nella prima vetrina: un perizoma. Tuttavia cambiò idea, quando Gianni le fece notare che regalare ad Alice, un paio di mutande non era il massimo dell'eleganza. Si optò per un bel braccialetto apache con sovrimpresso un orso che, per gli Indiani d'America, simboleggiava il Guaritore e aveva capacità taumaturgiche. Era fatto di una catenella a maglie molto fini con delle perline. Gianni ben sapeva che Alice adorava i bracciali... conosceva e ricordava i gusti.
La festa era in una villa vicino al mare, sul promontorio di Zara, tra la baia di San Montano e la spiaggia di San Francesco. La villa a picco sulla scogliera guardava verso Ventotene. La serata era bella, nitida, si intravedevano le luci del Porto Romano e la sagoma di Santo Stefano l’isolotto che affianca Ventotene.  Sulla terrazza gente tanta... e bella gente, piscina lucente... pure bella, musica metallica...  casa da sogno e si sarebbe anche detto bella festa e grandi bellezze.
- Non sapevo che Alice si fosse ripresa così bene dalla malattia!-
- Guarita, ma la verve la trasmette il suo tipo che è pieno di grano e lei ha capito il vero senso della vita, ci sguazza finché ne ha voglia! - precisò Elena.
- Secondo te, ti ho invitato giusto per amicizia o per un fine specifico... magari per farti vedere quanto è figo qualche mio amico?-
- Io non mi complico la vita. Sono qui, ci sono un sacco di ragazze, mangiare, bere ... del resto chi se ne frega? -
Mentiva, si era immaginato un ritorno di fiamma e invece lei l'aveva parcheggiato davanti al buffet e... au revoir.

Ma Gianni era Gianni e, anche se un poco abbacchiato, sostenne il suo ruolo di sciupafemmine andando a beccare le scompagnate. “Rimasto solo, mi misi a gironzolare per la villa.
Comunque la festa era stata organizzata bene: l'uomo di Alice ne aveva tanti di soldi e li metteva in bella mostra. Nella zona piscina era stato allestito un gazebo dove un DJ e un animatore davano vita ad uno spettacolo con tanto di fuochi pirotecnici ... per coloro che ancora se ne stupivano. Mi spostai nel retro della villa dove era stato allestito un bar con tre bariste-tettone. Presi un fresco “margarita” e attaccai bottone con la meno ossigenata delle tre: Deborah (no, i suoi genitori l'acca non gliela avevano risparmiata), 27 anni, Napoli, calda ... forse dolce.
Sentii una voce femminile che disse "per me un negroni", mi girai ed era Elena. Era con Alice. Non potei far altro che farle i complimenti per la festa.
- Hai stupito tutti, veramente una serata grandiosa.-
- Grazie, sei sempre così gentile. -
- Figurati (intervenne Elena), le ultime feste, quando eravamo insieme, furono certi flop colossali ...-
- Ma dimmi, il braccialetto chi l'ha scelto, sembrerebbe esserci il tuo zampino? Perché mia sorella dei miei gusti non ne capisce nulla. -
Esibisce il polso con il braccialetto.
- Bel polso, sottile, diafano. Sì l'ho scelto io (le risposi girando lo sguardo verso i lampi azzurri dello sguardo di Elena).
- Ehm, perché non fate due passi? Alice spezzò l’incantesimo  -
- Va bene, e dove mi porti?-
- Beh ... lei intendeva il giro della casa (rispose Elena) -
- Ok, tanto qui la festa va avanti anche senza di noi (aggiunse poi con uno dei suoi sorrisetti), con tutti quelli che qui neanche sanno che si festeggia! -
Così ci si incamminò per il vialetto perimetrale della villa... Mi chiedevo, Elena mi ha fatto invitare alla festa, ma finora non m'ha nemmeno calcolato e, ora, si è invece appartata con me... cosa devo pensare?
- Come sei silenzioso, a che pensi? -
- Che se ci vede qualche tuo spasimante potrebbe male interpretare-
- A parte che non ho innamorati in giro. Perché non posso scambiare due parole con un amico? Se alludi a Franco, il mio ex marito, è un invitato come tanti. E, poi,  no ... guarda che mica tutti sono gelosi come te!-
- Io sarei geloso?-
- Solo un'impressione. Raccontami, come va?  Mi hai detto che sei sposato. Potevi venire a Ischia con tua moglie.-
- Ci siamo lasciati in primavera -
- Mi dispiace non sapevo nulla... essendoci un po' persi di vista...-
- Sai non sempre nella vita va tutto come si pensa. Sì, litigavamo... ma lei ha dato troppo peso alle nostre liti... Meglio non parlarne, Parlare o tacere, le ferite rimangono! (sospirai) -.
- Ti capisco ci sono passata con Franco... -
Lei prese a dirmi del suo sconforto dopo che si era mollata con Franco, e del vuoto che gli era sempre dentro al cuore, che forse non era dovuto veramente all’ex marito ma a quell'amore che non voleva arrivare...
La festa stava per giungere alla fine, c'era ancora molta gente, la maggior parte era ormai in balia dell'alcool. Chi cercava il fresco con un tuffo in piscina, chi si abbandonava spossato sulla sdraio, mentre i più energici ballavano ancora senza sosta...
La musica era ora molto bassa.
La passeggiata con Elena era terminata, Gianni restava assorto in molti pensieri. C'era una vana speranza in qualche recondito anfratto del suo animo: doveva soltanto scovarla e cacciarla, per non soffrire ancora.
Di nuovo “abbandonato”, si mise alla ricerca di Elena, ma di lei neanche l'ombra. Che si fosse imboscata alla grande con qualcuno?
Meditò che forse si illudeva e che doveva anche rivedere quel suo interesse smodato. Meglio fingere, per deviare dalle reali intenzioni. Due morsi di pizza sarebbero bastati, così andò al buffet e si servì di un trancio di marinara. Lo raggiunse una voce maschile ...
- Ti ho visto prima solo con Elena, che tramavate?- - Immagino che tu sia Gianni.... -
- Direi che immagini bene, e tu sei Franco!  Elena ed io siamo amici da molto tempo -
- I suoi amici sono anche i miei! Andiamo al bar, ci aspetta un giro di meskal -
Così incominciarono i round di alcol, tanti.  E come sempre, il primo effetto fu la logorrea. Franco mi raccontò orgoglioso delle sue medaglie nella vita e negli amori. Il provvido ritorno di Elena con una bella amica gnocca, mi impedì̀ per sempre di conoscere l'esito del suo ultimo “rimorchio”.
- E' ora di andare, è tardi. - disse lei cortese ma sbrigativa.
- No, Gianni resta con noi per un ultimo bicchiere, ci stiamo divertendo da matti e io ho tanto meskal in corpo che potrei prendere fuoco!- Lo invitò Franco, che poi si rivolse a Elena:
- Ciao sorellina prendi anche tu una tequila?-

- E chi rifiuta, dai passami la bottiglia! - Gli rispose lei.
Dato che eravamo troppo bevuti per guidare, Alice ci invitò a passare la notte in villa, offerta che accettammo.
Ci venne affidata una stanza ciascuno. La mia era posta al primo piano, a fianco alla camera di Deborah, la barista - tettona ... poteva scapparci qualcosa? Bah, chissà, vedremo.
In camera, non appena uscito dalla doccia, sentii bussare alla porta. Feci in fretta a coprirmi le parti pudiche con un asciugamani e aprii la porta. Era Elena, venuta a portarmi l'occorrente per dormire. Si sincerò che non mi mancasse nulla, mi augurò la buona notte, mi baciò materna sulla fronte (sorprendendomi) e si diresse verso la porta, ma ad un tratto si voltò:

- Però devo essere sincera, mi aspettavo una sorpresa, un qualcosa di originale come sai fare tu. Beh, allora buona notte a domani.
Rimasi lì senza dire nulla. Come interpretare le parole? Insomma, c'era un bel po' da pensare! Mi coricai, e in quei rimugini mentali m'assopii.
Alle sei ero già sveglio; avevo dormito poco ma sodo, e il sonno era stato totalmente rigenerante.
Mi alzai subito per godermi in sdraio, quel momento in cui la villa era ancora assopita. Mi diressi dunque alla piscina. Dalle camere della servitù, qualche rumore interrompeva l'armonia del silenzio, tapparelle alzate, sciacquoni, voci trattenute e indistinguibili.
Così mi sdraiai su un lettino a bordo piscina, il tepore invogliava all'abbandono. Ma non avrei dormito, c'era un lavoro da finire: decodificare il messaggio di Elena.
"Però devo essere sincera... mi aspettavo una sorpresa, un qualcosa di originale come sai essere tu."
Cos'ero io per lei? Ero solo l'unico uomo sensibile in tutto il raggio d'azione della sua vita, o ero qualcosa di più? Tra noi, poteva accadere alcunché́?
Forse stavo semplicemente andando oltre le sue parole, magari voleva soltanto un cenno o un sorriso di circostanza e il resto ce l'avevano messo i miei desideri ... è mai possibile frugare tra i pensieri di una donna?".
Ero immerso in queste meditazioni quando udii passi leggeri, quasi in punta di piedi.
- Posso farti compagnia?-
Riconobbi all'istante quella voce, era Deborah, la barista della sera prima. Un elegante pareo azzurro le dava un'aria deliziosamente padronale.
- Certo, figurati... accomodati... è un piacere - Grazie... Gianni, giusto? -
- Se te lo ricordi ancora, vuol dire che tra noi potrebbe essere vero amore! - Ne ridemmo entrambi.
- L'ho notato anche ieri che eri un tipo curioso. Uno da tenere d'occhio... da vicino - Disse lei tra l’inquisitorio e l'ammiccante. Ridemmo ancora.
- E che è, mica rubo a casa del ladro? -
- Diciamo che mi garba il tuo modo di fare, sei... autentico. Vedi, nelle feste come quelle di ieri, pochi sono lì per divertirsi, i più sono lì per affermare la loro appartenenza "all'ambiente" o per tentare d'introdurvisi; per altri queste feste sono contatti e lavoro. Non vengono certo per farsi quattro buone e vere chiacchiere con la barista!-
Nel frattempo lei si era seduta al bordo del lettino e mentre mi parlava, mi guardava in un certo modo, tra il sensuale e l’intrigante. Io fingevo di non guardare il suo seno quasi fuori dal pareo. La mancanza di trucco le ingentiliva il volto e ne disvelava, con quegli occhioni chiari e i capelli lunghi e biondi, il permanere di qualche tratto da ragazzina. Parlava e parlava, della sua vita, del lavoro quasi itinerante, della gente che vi incontrava. Mi guardava e la guardavo, ci cercavamo col movimento delle palpebre, con il sovrapporsi delle labbra. Di certo “leggeva” i miei pensieri licenziosi. La sua voce iniziò a farsi più frammentata e lenta, appoggiò la sua mano sulla mia coscia e cominciò ad accarezzarmi dolcemente.

Poi avvicinai la sua fronte alla mia, ci baciammo, un lungo, profondo affondo nelle sue labbra. Andammo in camera mia. Mi sentivo confuso ed eccitato. Le sollevai il pareo e con le dita le sfiorai il corpo dalla schiena ai glutei. La sdraiai sul letto: respirava profondamente, con la lentezza di chi è inebriato dai sensi. Le sue mani cominciarono a esplorare il mio corpo, sfiorandomi e facendomi sentire le sue unghie. Pian piano i nostri corpi si liberarono di quel poco che si aveva indosso, e si unirono nell'estasi. Lo sentivo, non era solo sesso: stavo forse abbracciando un pezzo del mio destino?

Un ticchettio alla porta ci ridestò dall'incanto, portandoci per contrappasso alle soglie del panico. Era Elena.
- Aspetta!-
 Entrò e vide.
- Ma ho sentito "è aperta"...- disse incerta.
- E invece ha detto "aspetta"! - le replicò secca Deborah.
Lo sconcerto era comune. Io mi sentivo morire…
Elena volse lo sguardo.
- Scusa, è per una cosa importante.
- Ti aspetto in corridoio.
E uscì. Mi alzai, mi vestii alla bell'e meglio, diedi a Deborah uno sguardo sconsolato e raggiunsi Elena.
- Per favore Gianni, finiamola qui. Non resisto davanti al nostro passato e a ciò che potrebbe accadere dopo esserci incontrati.
Le sorrisi e mi avviai verso la camera, incrociando Deborah che mi lanciò addosso uno sguardo così torvo che non riuscii ad alzare gli occhi sino a quando non infilai la chiave nella toppa della porta.
Presi le mie cose, cercai il viale giusto per uscire dalla villa, mi raggiunse Elena. Mi fece segno che voleva parlare con me, così mi fermai.
- Era una situazione difficile... sei stato bravo ad ascoltarmi senza replicare. -
- Sono un po' esterrefatto ... -
- È così ... so di esagerare in tutto, ma alla fine dentro di me ci sei sempre tu, è sempre così per le persone a cui voglio bene... certo questo non giustifica ma ... - s'interruppe, non trovava le parole per finire quella frase, tuttavia nemmeno aveva voglia di cercarle e un provvidenziale colpo di clacson la liberò da quel compito.
- Perché hai fatto l’amore con quella barista? -
- Lo so, non è stata una grande idea. - Rimasi un attimo in silenzio e poi proseguì: - Io volevo te. –
Lei abbassò lo sguardo e pianse. Gianni la guardò, Elena era molto provata e ora in quella luce del mattino che le rischiarava ancor di più la sua pelle bianca, appariva ancora più pallida.
- Devi dirmi qualcosa? -
Elena inspirò forte e si buttò indietro sul divano di vimini alle sue spalle: aveva in una mano un libro. “Scandalo al sole” di Sloan Wilson. Tra pollice e indice stringeva una pagina piegata dalla leggera brezza. Lessi una frase: “Che sia dunque vero che non sappiamo mai di cosa parliamo quando parliamo d'amore? Comunque sia, una certezza l'abbiamo: che dobbiamo sempre pagare qualcosa".

 

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