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Lo zolfo e il pegno dell'anello

Festa San Vito Forio Ischia 1Il nome della seconda città isolana per importanza ed estensione, racchiude tutto il fascino delle influenze che l’hanno animata e, secondo alcuni studiosi, deriverebbe da «Fiorio», a simboleggiare il fiorire dopo la distruzione di altri Casali. Secondo altri è più probabile che discenda dal greco «phoròs», ossia «fertile» oppure - ancora meglio - da «chorìon» cioè «villaggio». Il mese di giugno è il più adatto per visitare la «terra di mezzo», posta tra i promontori di Punta Caruso – conosciuta con il nome di Zaro – e Punta Imperatore.

Forio si estende per 12,85 chilometri quadrati proprio alle pendici del Monte Epomeo che impera su questa parte dell’isola. Conserva un centro storico unico con le tipiche viuzze, i monumenti, le chiese ricche di storia e le torri di avvistamento.
È stata meta e centro internazionale di uomini dello spettacolo e della cultura, da Luchino Visconti a Pier Paolo Pasolini passando per Elsa Morante e Alberto Moravia, Renato Guttuso, Auden e Pablo Neruda.
La festa più importante è quella di San Vito, patrono della città. Il rito folclorico della processione celebra il santo, con una delle due statue che lo raffigurano, quella lignea, posta a sinistra dell’altare nella Basilica a lui dedicata e definita «Parrocchia» in un documento del 1306 custodito in Vaticano.
Portata a spalla dai devoti, l’esodo di esseri umani si snoda e si allunga per le vie del paese e segna l’inizio della stagione estiva. L’altra statua, in argento, sottochiave anche a causa di alcuni tentativi di furto, arrivò a Forio nel 1787 ed è esposta al pubblico solo durante le cerimonie. Fu ideata dallo scultore Giuseppe Sammartino e realizzata dagli orefici Gennaro e Giuseppe Del Giudice.
Forio è un viaggio o una meta?
Per alcuni è solo un viaggio semplice nel folclore e nelle tradizioni. Una tappa dal fascino irresistibile tra la civiltà che nei racconti dell’Abbè Alphonse Kannengiesser nel suo «Souvenirs d’Italie» del 1886 - nella traduzione dall’edizione francese di Giovanni Castagna - viene descritta nel fantastico fermento durante la Festa di San Vito e il colpo d’occhio della «folla immensa e compatta di isolani» che inonda le strade che «sembrano stretti corridoi e hanno appena tre metri di larghezza».
Per altri, invece, è un punto di arrivo che non esclude la partenza, in cui ritrovarsi attraverso il profumo inedito e indefinito della terra scottata dal sole che si mescola alla brezza marina formando un quadro degno di essere vissuto dai sensi.
A giugno il sole è caldo, scotta e ricorda quello siciliano. Un’isola, la Sicilia, che a Vito il Santo diede i natali, per l’esattezza a Mazara Del Vallo nel III secolo. Protettore di danzatori e pescatori, giovane e fervente cristiano, subì il martirio per la propria fede nel 303 per opera dell’imperatore Diocleziano che lo fece imprigionare e uccidere assieme al precettore Modesto e alla nutrice Crescenzia.
Il culto si sviluppa dall’Italia, in altre località, sino a Praga nella cui Cattedrale forse sono conservati alcuni resti, ma le salme dei tre si presume siano sepolte presso la città di Marigliano, identificata dagli studiosi come l’antico Marianus. Ed è il 15 Giugno, giorno della morte del giovane Vito, che si crea e costituisce il nesso nel sentimento di devozione e fa di una «festa di paese», con giostre, bancarelle e musica, una ricorrenza diffusa in molti luoghi del sud dell’Italia, per mezzo della quale si trasmette il messaggio di salvezza.
L’attaccamento a San Vito, a Forio, calca la storia in una relazione secolare. Già nel Medioevo, infatti, esisteva un tempietto nella plaga di Citara. A causa delle invasioni saracene, fu poi edificato nella parte alta del «Casale di Forio». La leggenda narra che fu proprio il Santo bambino a salvare l’economia del paese nel XIX secolo, basata sulla coltura della vite: in quel periodo infieriva la terribile peronospora che fu causa della scarsità delle vendemmie.
Un giorno una nave proveniente dalla Sicilia, con un carico di zolfo, ormeggiò nel porto. L’equipaggio sostenne di essere stato mandato a Forio da un giovinetto che, dato in pegno il proprio anello, chiese loro di guarire le viti distribuendo il carico prezioso. Ovviamente la cura diede i risultati sperati e l’immaginazione popolare identificò in quel giovane il San Vito «siciliano». Forio è un luogo che a causa delle centinaia di cose da vedere, assorbire e registrare, nasconde e cela tra i suoi vicoli il fascino di un posto dalla tradizione millenaria. Un tutto racchiuso in un labirinto di profumo e folclore che testimonia la storia ed è meravigliosamente bello.

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