La stanza di Truman

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La stanza di Truman è la n.3 ed è posta al secondo piano della pensione Di Lustro nel centro storico di Forio. Questa piccola pensione, di sole 10 stanze, fu  aperta nel 1931 da Gaetano Di Lustro (1909-1982) ed  è in un  palazzo del XVII secolo di proprietà da sempre della famiglia Di Lustro, una delle più antiche della nobiltà terriera di Forio il cui avo Filippo fu soldato di Napoleone Bonaparte, morto nella battaglia di Abukir.

A Filippo Di Lustro è intitolata la strada, dove c’è la pensione, che porta alla piazza Luca Balsofiore. E’il più antico albergo di Forio ed oggi è portato avanti dalla vedova di Gaetano, Gioconda, che ha 83 anni e dalle due figlie Giuseppina che ha 62 anni e Maria Teresa che ha 54 anni. A ricevere il cronista è Giuseppina che ci dice che “oggi è difficilissimo portare avanti una piccola struttura alberghiera. Siamo fuori mercato e distrutti dai grandi alberghi con una pressione fiscale enorme”. La pensione è la stessa di 82 anni fa con la scala ed il pavimento dell’ingresso in pietra lavica con il “cortile”, che doveva essere un tempo riservato ai cavalli, diventato una hall con piante ornamentali.
Truman Capote (1924-1984), uno dei più grandi scrittori americani del XX secolo ed inventore del “romanzo-verità”, aveva appena 25 anni nel 1949. Era già uno scrittore famoso, “enfant prodige” della letteratura americana, con il successo del suo primo libro “Altre voci, altre stanze” dove comincia a raccontare la sua vita nel personaggio di Joel che fa diversi tentativi per diventare un ragazzo normale come sua madre e tutti gli altri volevano che fosse e che invece accetta il suo destino che è quello di essere un omosessuale, di sentire sempre altre voci e di vivere sempre in altre stanze. Nella grande stanza n.3 della Pensione Di Lustro con la bella vista sulla Marina  Truman ha vissuto per novantasette giorni – dal 23 marzo al 13 giugno 1949 - e la signora Giuseppina ci mostra il vecchio registro con l’annotazione dell’arrivo e della partenza. Capote è al numero 591 del registro mentre al numero 590 c’è il nome di Jack Dunphy che fu compagno di Capote per trentotto anni e che occupava la stanza n.2 a fianco a quella di Truman. Al numero 593 del registro appare il nome di Williams Thomas Lanier cioè Tennessee Williams (1911-1983), il grande drammaturgo americano autore di “Un tram che si chiama Desiderio”. Ma Williams restò solo pochi giorni, appena 9, dal 24 marzo al 2 aprile 1949 occupando la stanza n. 5 dall’altro lato con vista alla montagna.
La signora Gioconda aveva 19 anni nel 1949 ed era la cameriera del piccolo albergo – uno dei 4 di Forio, tutte piccole strutture (gli altri erano la Villa Carolina, il Nettuno ed il Tirrenia) – e ricorda ancora quel “giovane biondo, bassino, dalla voce stridula, che con l’amico teneva le feste sul terrazzo”. Capote l’ha immortalata nel suo reportage “Ischia” contenuto nel suo libro “Colore Locale” apparso in Italia nel 1954 edito da Garzanti mentre il reportage uscì su “L’Europeo”.
Il soggiorno di Truman Capote a Forio con Jack Dunphy è contenuto nella minuziosa biografia di Gerald  Clarke del 1988 (Capote: a Biography) per la cui stesura Clarke, giornalista di “Time” e amico di Truman, impiegò “quattordici anni e centinaia di ore d’intervista per comporre questa biografia sincera e quindi scandalosa di uno scrittore sregolato e geniale in tutti i sensi, ambizioso e palesemente omosessuale, naufragato nell’alcol, nelle droghe e nei farmaci il 24 agosto 1984”. Non aveva ancora 60 anni.
Truman e Jack volevano andare in Sicilia ma optarono per una gita ad Ischia “nel minuscolo paese di Forio”, come scrive Clarke, e dimenticarono la Sicilia”.
“Che posto strano e stranamente incantato è questo”, scrisse Truman a Bob Linscottt, è un’isola al largo della costa di Napoli, molto primitiva, abitata per la maggior parte da viticultori e da pastori di capre, da W.H. Auden e dalla famiglia Mussolini”. A Cecil Beaton scrisse: “E’ davvero molto bella e strana, occupiamo quasi un intero piano proprio sul lungomare, il sole è duro come il diamante e c’è dappertutto il piacevole odore meridionale del glicine e delle foglie di limone”. Racconta Clarke che “la pensione non aveva acqua corrente, forniva loro, per soli duecento dollari al mese, due camere piacevoli, la colazione e due pasti di cinque portate al giorno, innaffiati dal buon vino di Ischia”. Truman lavorava al suo secondo romanzo “Summer Crossing” che fu pubblicato postumo nel 2005.
“Ischia restò per lui un luogo di felicità. Il suo incanto principale non erano né il sole né il mare, né Auden né la famiglia Mussolini, era Jack” scrive Clarke nella biografia. Forse. Ma Truman descrive il suo incontro con Ischia nel suo reportage in modo impareggiabile:
“Le isole sono come navi sempre all’ancora. Mettere piede su un’isola è come salire su una passerella d’imbarco: si è presi dallo stesso senso di magica sospensione, sembra che nulla di brutto o di volgare possa accadervi; e mentre il “Principessa” rallentava nella minuscola insenatura di Porto d’Ischia, la vista dei colori pallidi, da gelato, che si sfaldavano sulle case del porto, parve familiare e benefica come il battito del proprio cuore. Nella confusione dello sbarco, lasciai cadere e ruppi l’orologio – un pizzico di simbolismo eccessivo, troppo evidente: si capiva alla prima occhiata che Ischia non era posto per un rincorrersi affannoso di ore, le isole non lo sono mai…”
Truman Capote restò a Forio nell’isola d’Ischia un’intera primavera e non ritornò mai più. La sua stanza al secondo piano è stata occupata da centinaia di altri ospiti della pensione Di Lustro “poiché tutti chiedono la stanza di Capote” ci dice la signora Giuseppina.
Alla fine del 1949 Capote consegnò al suo editore americano tutti gli articoli di viaggio, nove in totale, affinchè fossero raccolti in un libro che intitolò “Local Color” (Colore Locale).
L’articolo del suo soggiorno nell’isola d’Ischia appare nelle pagine che vanno dalla ottantesima alla novantacinquesima.
Scrive concludendo Capote: “Abbiamo seguito la primavera. In quattro mesi, da quando siamo arrivati, le notti si sono fatte calde, il mare è diventato più calmo, l’acqua verde, ancora invernale di marzo, si è mutata in quella azzurra di giugno, e le viti, allora grigie e nude sui loro pali contorti, si coprono dei primi grappoli verdi. Vi sono sciami di farfalle appena nate e sulla montagna molte dolcissime cose per le api; in giardino, dopo un acquazzone, si può udire, sì, appena percettibile, lo schiudersi delle nuove gemme. E ci svegliamo più presto, un segno dell’estate, e la sera indugiamo fino a tarda ora e questo è un altro segno. E’difficile tapparsi in casa con notti simili: la luna scende più vicina e ammicca sull’acqua con uno splendore stupefacente; e lungo il parapetto della chiesa dei pescatori, che si protende sul mare come la prua di una nave, i giovani passeggiano avanti ed indietro, bisbigliando, poi attraversano la piazza, si rifugiano in qualche oscuro angolo appartato. Gioconda, la cameriera, dice che è stata la più lunga primavera che lei ricordi: la più lunga e la più bella”.
Lo fu anche per Truman.

 

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