L'orto del convento raccontato da Nicola Mattera

Si comincia da qui. Con chi? Con Nicola  Mattera,  architetto.  Dove. Sul Castello Aragonese, e norto castelloel suo cuore coltivato. Amato. Rianimato. In mezzo al mare. A nordest. Qui, come un francobollo incollato alla cartolina più bella, che  per me è il baricentro simbolico della civiltà mediterranea, torno in cerca di Storia. Qui con il papà di Nicola, Gabriele, artista conosciuto nel mondo, ho collezionato alcune delle esperienze professionali più significative della mia vita. Ed è qui che torno per far librare questo libro. Con la madre, la sorella e le rispettive famiglie, Nicola è il custode dell’area monumentale dell’insula minor fortificata,

da qualche tempo sotto la lente dell’Unesco per essere inserita nel patrimonio dell’umanità. Questa è la Storia dell’Orto, la vera storia della rinascita. A Nicola non ho chiesto un’intervista, ma di scrivere. Ecco il suo racconto. Inedito. Preziosissimo. Elegante, sincero, sensibile come lui. Come le sue “maiuscole”. 

*** È la notte del 31 dicembre 1980, un boato sordo e un tremore della terra scuotono le mura del Castello. Solo la luce del giorno svela l’inimmaginabile. Il fortissimo vento di Ponente ha abbattuto uno degli alti muri (12 metri di altezza) del Convento delle Clarisse che cingono quello che un tempo era certamente un Hortus conclusus: lo scenario è surreale, il muro si è interamente adagiato sui terreni limitrofi adeguandosi alle diverse altezze del suolo quasi fosse una enorme coperta. Questa l’immagine che ha segnato l’inizio di una rinascita e di una nuova vita per l’Orto del Convento. La rimozione delle macerie richiede anni visti lo spessore e l’altezza del muro crollato e in questo tempo matura l’idea di ritrovare l’Orto che fu. Negli anni lo spazio delimitato da alte mura ha accolto legni, materiali e attrezzature necessari per i restauri del Castello e l’originaria destinazione è stata obliterata prima dall’abbandono (dalla metà dell’Ottocento ai primi del Novecento) e poi dall’uso diverso. L’opera di ripulitura dei terreni investiti dal crollo apre una prospettiva diversa e straordinaria: l’Hortus non è più conclusus ma aperto su terreni e paesaggi che traguardano l’orizzonte marino e l’isola maggiore. Il disegno diventa sempre più evidente e pare quasi che l’Orto rinasca spontaneamente. La parte un tempo delimitata dalle alte mura e coltivata dalle monache dell’attiguo Convento appare piatta e priva di segni; soltanto alcuni ulivi proteggono il salto di quota affacciato sugli ambienti comuni del Convento. La bonifica del terreno da rovi e resti da deposito disvela per caso una piccola cisternetta per la raccolta dell’acqua piovana semi crollata e tappata da terra e pietre. Dal ritrovamento dell’acqua, dal recupero di questo nodo centrale si snoda negli anni il “restauro” di un Orto per anni cancellato ma mai morto. I contadini ripristinano le antiche colture quasi guidati dallo spirito del Luogo e man mano l’Hortus riprende la sua bellezza. Ma si tratta di una bellezza diversa da quella originaria perché arricchita da una nuova dimensione: da una parte, in posizione dominante, l’Orto delimitato dalle restanti alte mura del Convento; dall’altra, in posizione sottoposta, i terreni con tutta quella vegetazione spontanea che caratterizza i costoni del Castello e buona parte dell’isola d’Ischia. Nel tempo nell’area al di là dell’Orto trovano posto alberi da frutta e piante di agrumi: le due parti prima separate dall’alto muro si fondono dando luogo ad un Orto/ Giardino; la dimensione orticola incontra quella decorativa creando un Luogo di grandissima intensità emozionale. Ma la Bellezza più grande dell’Orto del Convento sta nella sua capacità di ricostruirsi nel tempo quasi disponendo tutte le attività e le scelte necessarie per ritrovare il suo spirito  originario.  Spontaneamente si evitano diserbanti, concimi di sintesi, pesticidi e insetticidi per ritrovare le cure e i nutrimenti di un tempo: il lavoro è più duro, i frutti forse meno attraenti ma l’insieme è di rara armonia. E così trovano posto pomodori, melanzane, zucchine, fagioli, insalate, scarole, cavoli, rape, friarielli, ravanelli, agli, cipolle, peperoncini, basilico, menta e, poco più in là, tra bouganvillee, glicini e gelsomini, alberi di pesche  e  albicocche,  di  arance,  limoni e mandarini, alberi d’ulivo e antichissime piante di fichi. Il tutto tessuto con l’armonica varietà che solo la Natura sa creare. Non manca la Vigna che, in posizione di maggiore altezza,  domina  l’Orto/Giardino e il paesaggio circostante raccontando con la sua geometrica regolarità che dietro tutto questo c’è anche la mano dell’Uomo. Nel punto più alto, sotto l’ombra  di due accoglienti ulivi, la vista sull’Orto è magnifica e la cupola della vicina Chiesa dell’Immacolata sembra quasi essere silenziosa   testimone di      questa      Bellezza ritrovata.


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