Il rosso dei mille anni

tenuta-migliaccio“Secolo lungo” l’Ottocento secondo lo storico Eric J. Hobsbawm che fa del Novecento un “secolo breve”. L’Ottocento è “The Age of Capital” e “The Age of Empire”. E’ il secolo della prima “rivoluzione industriale”, dell’“apogeo dell’Occidente” con la “belle époque” che lo storico inglese chiude nel 1914 dal quale fa partire nella soggettività della periodizzazione il ‘900 il “secolo breve”.

Ma un altro storico, Arno Mayer, capovolge questo giudizio è indica nell’Ottocento come “una fase di resistenza all’innovazione permeata di retaggi del passato più che di rivoluzioni, una sorta di lunga coda dell’Antico Regime”.
“Malgrado le apparenze l’Ottocento è ancora caratterizzato dalla grande proprietà nobiliare, da artigiani e bottegai, da assemblee elettive piene di aristocratici e notabili rurali” così secondo Mayer “persiste” questo Antico Regime sei-settecentesco sui suoi residui ottocenteschi. Anche la storiografia – come tutte le discipline tese alla conoscenza – non trova mai pace.
Dice Paolo Macry che la storiografia è “legata alle sollecitazioni del presente, torna sui propri passi con nuove ipotesi e nuove “conclusioni provvisorie”. Il suo fascino sta in questo.
Così se il visitatore del nostro secolo XXI, quello della terza rivoluzione industriale dell’informatica e della telematica, mette piede nell’isola d’Ischia, la più grande delle Partenopee e Ponziane e la più “antica” dove l’uomo civile è arrivato dalla Grecia nell’ottavo secolo a.C. e non è più andato via, e vuole veramente andare alla sua scoperta non può fermarsi alla sola visita delle “Sette perle di storia e bellezza” che la bella pubblicazione allegata al numero di aprile 2014 del nostro Magazine Ischianews & Eventi indica nel Castello Aragonese, il Museo di Villa Arbusto, la villa/museo La Colombaia di Luchino Visconti, i Giardini La Mortella, i Giardino Ravino, il museo civico del Torrione, il museo Diocesano con le sue due sezioni nel Palazzo del Seminario nel Borgo di Celsa e nel complesso della Basilica di S. Restituta a Lacco Ameno.
Queste sono le sette perle da vedere immediatamente ma con attenzione ma è necessario per scoprire l’isola andare nel suo interno, fra gli anfratti della Montagna del gigante Tifeo e cercare di capire come la popolazione dell’isola d’Ischia, che già nel ‘700 era di oltre 16mila abitanti, si procurava i mezzi di sussistenza, costruiva le proprie case, fondava e sviluppava una economia non solo agricola ma addirittura commerciale ed industriale.
Bisogna vedere la “vigna dei mille anni” in località “Jesca” nel comune di Serrara-Fontana a circa 400 metri sul livello del mare di proprietà dell’avv. Benedetto Migliaccio, 55 anni, sposato con la professoressa Giovanna Ilardi, 50 anni, matematica, con una stupenda figlia di 15 anni, Benedetta, dai capelli d’oro.
La tenuta Migliaccio si estende tra strapiombi, cave, canali, per 14 ettari. Si scende da Serrara per una stradina impervia un tempo riservata ai muli ma oggi resa carrabile da auto con motori potenti. Il panorama che si vede dalla terrazza della casa – un tempo colonica ma oggi perfettamente restaurata – è indescrivibile nella sua bellezza e nella sua immensità.
Questa Tenuta produceva uno dei migliori vini rossi dell’isola nel “secolo lungo” tanto che nel 1870 riceveva la Medaglia d’Onore al concorso enologico nazionale. Nell’Ottocento si producevano in tutta l’isola, che era un enorme vigneto, almeno 14mila ettolitri di vino – secondo lo storico ischitano Giuseppe d’Ascia - e questa produzione veniva esportava con “navi vinacciere” in tutto il Mediterraneo perfino a Marsiglia.
La storia di questa tenuta si inserisce in quella della Famiglia Migliaccio, questa grande famiglia della nobiltà terriera dell’isola che ha il suo avo più illustre nell’avv. Angelo Migliaccio che fu per vent’anni sindaco del Comune di Barano d’Ischia dal 1849 al 1869 ed al quale è dedicata la più importante strada di Barano per perpetuare la memoria di quest’amministratore pubblico “retto e deciso” come lo definiscono gli storici locali Giovan Giuseppe Cervera e Agostino Di Lustro.
Per un “dispiacere” i Migliaccio andarono via dall’isola d’Ischia ed emigrarono a Vico Equense sulla costiera Sorrentina dove oggi vive l’avv. Benedetto con moglie e figlia e rivestendo anche la carica di Vice Sindaco. Un senso dell’Onore e del Dispiacere antichi forse oggi scomparsi al tempo di internet. La tenuta “Jesca” è stata abbandonata per 100 anni. L’avv. Benedetto Migliaccio è ritornato ad Ischia 15 anni fa ma l’ha portata nel cuore e nella mente sempre. Ne conosce la storia nei minimi dettagli, ne conserva le carte geografiche ed i libri antichi come il testo di Giulio Jasolino del 1588 “sui rimedi naturali che si trovano nell’isola di Pitecusa oggi detta Ischia “, il primo testo sulle capacità terapeutiche delle sorgenti termali sparse in tutta l’isola che il grande vulcanologo Alfred Rittmann considerava la sua “prediletta” per lo straordinario interesse scientifico. L’avv. Benedetto ha trovato all’archivio notarile il documento più antico della tenuta della sua famiglia. Risale al 1034 dove un notaio raccoglie la donazione della tenuta “Jesca” di “Conte Marino Mellusi” a favore del monastero dei Benedettini, per la redenzione dell’ Anima sua e della nobilissima contessa Theodora, sua moglie. Ecco perché ha chiamato la sua tenuta quella “dei mille anni”.
“Qui ci sono stratificati mille anni di storia – dice al cronista – e le memorie degli antichi contadini analfabeti sono scritte sui terrazzamenti realizzati senza “parracine” i muri a secco con le pietre, poiché qui non c’è la “pietra verde” come a Forio ed ancora le memorie di questi eroi silenziosi ed umili sono scavate nel tufo in queste grotte che erano le loro case e le loro officine”.
Quando l’avv. Migliaccio decise per amore del Ricordo dei Padri di recuperare tutta la tenuta chiese all’enologo Andrea D’Ambra, il patron della Casa d’Ambra, la più antica casa vinicola per la produzione dei vini tipici dell’isola d’Ischia fondata da Francesco d’Ambra nel 1888, di ripiantare i vitigni tipici – i rossi soprattutto – e così in pochi anni sono stati recuperati circa 7 ettari e quest’anno per la prima volta dopo 100 anni è in distribuzione il rosso “la vigna dei mille anni” del vino prodotto nel 2012 che sarà presentato mercoledì 14 maggio 2014 alle ore 16.30 alla Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli nel corso di una manifestazione organizzata dal Rotary International, Distretto 2100, Club dell’isola d’Ischia, ed alla quale prenderanno parte il prof. Mauro Giancapro, direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, l’arch. Maria Rita Acciardi, Governatore del Distretto 2100 del Rotary, l’arch. Luigi Mennella, Presidente del Club di Ischia del Rotary, il prof. Aldo Aveta, direttore della scuola di specializzazione in Beni Architettonici dell’Università Federico II di Napoli, il prof. Alessandro Castagnaro, l’avv. Alfredo Sguanci oltre all’avv. Benedetto Migliaccio e l’enologo Andrea d’Ambra mentre la giornalista Annamaria Chiariello farà da coordinatrice. Ci sarà anche una mostra di cose e carte antiche di Ischia ed una degustazione del rosso “della vigna dei mille anni” con assaggi dello chef Nino Di Costanzo. Il recupero della vigna e la produzione del suo vino è un’opera di amore e di cultura. E’ una sfida di due pazzi o due romantici che vogliono racchiudere in un vino mille anni di Storia.
Forse è la testimonianza di una “persistenza”, di una “resistenza all’innovazione”, di gridare che la civiltà contadina è eroica e che c’è “una storia degli uomini nei loro rapporti stretti con la terra che li nutre e li sostiene- come dice un altro storico, Fernad Braudel – con un dialogo che non cessa di ripetersi, che si ripete per durare, che può cambiare e di fatto cambia in superficie, ma che prosegue, tenace, come se fosse fuori dalla portata e dalla misura del tempo”.

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