Un anno di più, perché s’è aggiunta un’unità all’ultima cifra della data in corso, e siamo al 2017. Un anno di più per MERISTEMA, convegno annuale dei Giardini Ravino, alla X^ edizione che celebra il bicentenario della nascita di Henry D. Thoreau, pensatore trascendentalista, considerato una delle menti più sottovalutate d’America.
Tanto misconosciuto il suo nome, quanto grande la sua influenza: a Thoreau si sono ispirati Tolstoj, Gandhi, M. L. King, Mandela, la beat generation, i folk singer, Bob Dylan e Patti Smith tra tutti, i cineasti come Peter Weir con “L’attimo fuggente”, e Sean Penn con “Into the wild”. Anarchici, radicali, pacifisti, vegetariani, ambientalisti, fautori della decrescita felice, sostenitori dell’economia del dono, e perfino disegnatori devono molto a Thoreau. Figlio di un produttore di matite, perfezionò l’impasto di argilla e grafite che costituisce la mina, così da ottenere una scala di durezza per i diversi usi grafici della matita. Si ritirò in un bosco, dove si costruì una capanna e impiantò un orto, vivendo di sola autoproduzione e di piccolo baratto, o libera scambievole offerta coi pochi vicini. Finì in carcere per essersi rifiutato di pagare una tassa per finanziare la guerra schiavista degli USA al Messico e teorizzò la sua posizione in un libro. La disobbedienza civile, che ha fondato una precisa prassi politica. Un anno di più perché tanti sono i “più” che si aggiungono quest’anno ai Giardini Ravino.
La mostra fotografica di Gino Di Meglio ad aprile; quella di fotogiornalismo d’Antan dell’Archivio Carbone a giugno; a luglio quella mondana del Global Film Festival; a settembre quella istituzionale di Medici Senza Frontiere. A maggio, luglio, agosto, la sala Moby Dick, suggestivo spazio espositivo dei Giardini Ravino, recuperato da un’antica cisterna, ospiterà invece mostre di pittura: tele figurative di Antonella Tomei, tele astratte di Gianni Mattera, vedute ad acquerello di Paolo De Santi, “il pittore dei sogni”.C’è il “più” della musica classica: i concerti di “Note sul mare” a luglio e gli stage di “Ischia musica” a ottobre, organizzati dai docenti del Conservatorio di Venezia per i ragazzi in età liceale, che affluiscono qui dall’Italia e dal mondo. C’è il “più” del teatro: ogni venerdì, da giugno a settembre, la compagnia di Corrado Visone allestirà “Alice nel Giardino delle Meraviglie”, liberamente tratto dal capolavoro di Lewis Carroll: il parco botanico ne sarà scenografia e inter-attore. C’è il “più” dei lavori in corso: ai Giardini Ravino si sta predisponendo un percorso sensoriale dove i visitatori con limitate capacità motorie potranno trovare una piena accessibilità e quelli con limitate capacità visive un’esperienza più completa. Ma non solo loro. Il concetto di giardino include una de-limitazione spaziale. E che include concetto di uomo? I Patriarchi, Abramo pazzo, Isacco cieco, Giacobbe zoppo, Mosè balbuziente, rappresentano quell’umanità che, creata a immagine e somiglianza di Dio, se ne differenzia per un aspetto, il limite. L’handicap è dunque metafora riconosciuta della condizione umana, di chi è abile e di chi non lo è. A volte, per esempio, la vista non basta. Non è la visione del Cristo a far credere Tommaso nella resurrezione, ma mettere le dita nella piaga del costato a far proclamare all’apostolo: «Mio Signore e mio Dio!». E così, nel nuovo percorso dei Giardini Ravino, dopo il settore dedicato alla vista, verranno quelli del tatto, dell’olfatto, del gusto, dell’udito. Il tatto, primo dei sensi a svilupparsi nell’utero materno, unico esteso su tutta superficie corporea, si esercita nella prossimità e attesta il raggiungimento. L’odorato riconduce alla natura animale, funziona a distanza e determina repulsione o attrazione. E’ l’olfatto ad apprezzare i singoli sapori, nelle sue sfumature qualitative; il gusto classifica solo 5 grandi categorie, sulle quali esprime solo un giudizio quantitativo: l’amaro, il dolce, l’aspro, il salato, il piccante. Ma il gusto ha una caratteristica tutta sua: per percepire il suo oggetto deve incorporarlo. Tutte le religioni hanno al centro del culto il sacrificio del cibo, sia l’uomo a offrirlo a Dio o Dio all’uomo: che la natura sia il corpo di Dio nel mondo è altra metafora accreditata. E questo corpo ha anche una voce, udibile nel gorgoglio dell’acqua, nel fruscio del vento, nello stormire delle foglie, nel canto degli uccelli, nel ronzio degli insetti. Ed è ascoltando, guardando, toccando, annusando e mangiando questo corpo del “Deus, sive natura” del buon Spinoza che possiamo scoprirci, con tutta la nostra umanità, in presenza del divino. Anche ai Giardini Ravino!
DI ELETTRA CARLETTI