Il cinema e l’arte di Aleksandr Sokurov

Fausto 14

Difficile parlare di un autore come Aleksandr Sokurov. Il suo è un cinema colto, complesso, sottilmente ambiguo. Nel quale perfino la lentezza liturgica si fa arte e stile. Un cinema che chiede moltissimo allo spettatore: annullare il racconto in favore della messa in scena, adorare l’autore e tributargli meriti, amarne l’ermetismo e arrendersi senza volontà alla bellezza fatale delle immagini. Ne vale la pena?

Sì, decisamente. Siamo di fronte a un immenso talento visionario, uno dei pochi registi viventi a fare un cinema di autentica ricerca stilistica e assoluta profondità di contenuti.

I film di Sokurov sono al centro dell’annuale seminario di studi organizzato dal Circolo G. Sadoul di Ischia. La scuola estiva di storia e cultura cinematografica intitolata a Luchino Visconti compie infatti 20 anni. Non si poteva festeggiare meglio, questo anniversario, se non attraverso la visione e lo studio di una filmografia dentro la quale confluiscono e si mescolano influenze artistiche diversissime e di ordine assoluto. Opere che lasciano sempre e comunque il segno.
“Osservare l’incanto: il cinema e l’arte di Alexandr Sokurov”. Questo il titolo del seminario di studi tenuto dal prof. Denis Brotto (Università di Padova) attraverso cinque lezioni che si terranno come di consueto alla Biblioteca Antoniana di Ischia e che sono così suddivise: “Di storia e di potere: ‘Moloch’, ‘Taurus’ e ‘Il Sole’ (24 giugno); “La parola e l’immagine: dalla ‘Voce solitaria dell’uomo’ al ‘Faust’(25 giugno); “La pinacoteca della natura: ‘Madre e Figlio’ e ‘Hubert Robert’ (26 giugno); “L’arte e il tempo: ‘Arca Russa’(27 giugno); “Le Elegie tra componimento poetico e ricordo” (28giugno).
Una tradizione, quella della scuola estiva di alta formazione, che negli ultimi anni ha passato in rassegna autori contemporanei come Abel Ferrara e maestri senza tempo quali Hitchcock, Bunuel, Lubitsch, Bresson, Rossellini, Powell & Pressburger; ha riflettuto sul “nuovo cinema tedesco” e sui fasti (e nefasti) della Nouvelle Vague, indagato sui rapporti tra il cinema e le ideologie del Novecento o sulla forza, fin troppo sottovalutata, del documentario come strumento di conoscenza della realtà. A curare i seminari, gli studiosi più appassionati di un linguaggio che, dopo oltre un secolo, non smette di conquistare le platee di mezzo mondo: Gianni Rondolino, Giovanni Spagnoletti, Auro Bernardi, Carlo Montanaro, Vieri Razzini, Emanuela Martini, Arturo Martorelli, Luigi Paini, Aldo Tassone.
Cosa vedremo nelle serate in Biblioteca? Anzitutto opere di grande fascino. I film di Sokurov si collocano in una posizione “altra” rispetto ai titoli del cinema mainstream che occupano solitamente le nostre sale. Come iceberg, si presentano alla vista. Oggetti alieni, giunti silenziosamente sulle nostre rive per sedurci e inquietarci. Come iceberg, offrono una parte visibile imponente, comunque minoritaria rispetto a quello che c’è sotto. Sempre oltre la realtà, come la pittura o la musica.
Gli straordinari ritratti della "trilogia del potere": l'Hitler grottesco ed ipocondriaco di "Moloch", il patetico e al tempo stesso titanico Lenin di "Taurus" (che si domanda se dopo la sua morte il vento soffierà ancora o se il sole continuerà a tramontare), e infine “Il Sole”, dove l’imperatore del Giappone Hirohito viene paragonato dai soldati americani a Charlot. Lo sguardo magnetico di Sokurov scende fino al fondo grottesco e devastato dell’uomo di potere, riservando a ciascuno un capitolo nero o una fosca epopea: uno morirà (Lenin), l’altro rimarrà in un limbo di indecisione e di follia che lo porterà al suicidio (Hitler), il terzo dovrà abdicare al proprio ruolo di essere divino (Hirohito).
Rivedremo le stanze di uno dei musei più belli del mondo: l’Hermitage di San Pietroburgo. Set di una sfida impossibile e vinta nel segno del capolavoro. E’ “Arca russa”, unico meraviglioso piano sequenza nel luogo dell’Utopia e della Storia. Non un film sull’arte e probabilmente neppure sull’arte al servizio del potere. Forse un film che mette in scena una vertigine, quella che abita ogni museo e ogni corte, luoghi irreali creati da un surplus di passione e di potere.
Sbaglia chi pensa che i film di Sokurov siano freddi o intrappolati in un superbo ma sterile formalismo (le infinite suggestioni pittoriche, ad esempio). Basterebbe la visione di “Madre e figlio”, o di qualcuna delle sue Elegie, a fornire una prova di quanto l’emozione sia profondamente radicata “dentro” l’universo del cineasta russo. Elegie tante, forse troppe; ma l’ostracismo sovietico dei primi anni ha forgiato una tale resistenza e una tale personalità da allineare progetti con una prolificità e una costanza che non hanno eguali. Perché in fondo ciò che maggiormente colpisce dell’opera di questo regista è la sua completa varietà.
L’ultimo film di Aleksandr Sokurov, “Faust”, ha vinto il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia un paio d’anni fa.  Rilettura libera tanto dell’opera di Goethe quanto quella di Mann, conserva l’idea di fondo,  per cui la condizione umana consisterebbe in un continuo errare. C’è tutto: il delitto gratuito, l’apparizione dell’adolescente Margarete, l’esplosione del desiderio e la vendita dell’anima con tanto di contratto firmato col sangue. Cosa rimane del Mito dopo esser passato per le mani di Sokurov? Un sentimento, forse. O la fame insaziabile che guida l’uomo alle sue estreme conseguenze. E’ questa l’idea di Sokurov sul cinema, sul mondo, sull’esistenza? Riguardare e ripensare i suoi film ci aiuterà a scoprirlo.
La scuola estiva di cinema del Circolo G. Sadoul è intitolata alla memoria di Tonino Della Vecchia, che della stessa fu  promotore e organizzatore. I seminari sono gratuiti e aperti a tutti; a coloro che ne faranno richiesta verrà rilasciato attestato di partecipazione.

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