Forio e il crocevia di misteri antichi

Gli alfabeti della mortePotrebbe sembrare strano che un autore/attore originariamente comico si ritrovi ad un certo punto del suo percorso a scrivere racconti noir, a tinte persino horror. Ma nel mio caso la cosa si spiega facilmente: da un lato si tratta di un omaggio dichiarato ad un genere che ho amato sin da adolescente, dall’altro, ho sempre sostenuto che comicità e noir finiscono per collimare, avendo entrambi i linguaggi l’obiettivo di esorcizzare le più grandi paure dell’uomo.

E poi c’è Ischia. Ed in particolare Forio. Territori deputati alla bellezza, certo, ma fin dall’antichità legati fortemente all’orizzonte dell’ignoto: pensiamo alla mitologia greco-romana che localizzava sulla nostra isola uno degli ingressi principali dell’Ade, o al gigante Tifeo, personaggio mitologico che ha un ruolo centrale nel mio romanzo.

E così nasce “Gli Alfabeti della Morte”. Omaggio dovuto alle mie origini, e dunque alla mia terra. A ciò che fu un tempo, ed oggi non è più. Dietro la veste del noir, si intravede l’architettura del romanzo storico, perché il racconto è ambientato su due livelli temporali vicini, ma irrimediabilmente separati. Il 1948, l’immediato dopoguerra, col suo cumulo di macerie e speranze, e il 1956, con l’avvio di un grande processo di ripresa, che faceva però già intravvedere le contraddizioni che avrebbero portato alla claudicante Italia attuale. Raccontare Forio, Ischia, Napoli e l’Italia dell’immediato dopoguerra voleva anche dire agganciarsi ad eventi mondiali che hanno segnato la nostra storia recente.

Ed è qui che entrava in gioco la mia piccola, grande Forio d’Ischia. È da lì che si irradia per evocazione la storia del mondo. Dalle sue chiese. Dai suoi vicoli. Dai suoi cortili. Dalle sue cantine, frequentate da rifugiati politici come Luigi Collado che parla, ai pescatori, della sua Cuba come di una nuova terra promessa. Dal suo Caffè Internazionale, e da Maria Senese, la Caffettera, la nerboruta donnina che grazie al suo incredibile carisma riuscì ad attrarre ai suoi tavoli artisti ed intellettuali dell’epoca (da Capote ad Auden, passando per pittori e scultori tedeschi e svizzeri che conobbero l’isola selvaggia prima della sua metamorfosi turistica).

Ecco che Forio diventa un crocevia della storia e del mondo, perfetto punto di sintesi di cambiamenti in atto che avrebbero portato al mondo che oggi conosciamo. Volevo raccontare la mia isola natale in modo insolito, rendendola protagonista di un racconto mistery, che si allargasse però a cerchi concentrici, facendone una sorta di metafora dei meccanismi crudeli che hanno iniziato a regolare il vivere sociale in tutto il mondo civilizzato dal dopoguerra ai giorni nostri.

Tra richiami allegorici, ideologici e filosofici, la trama, per quanto complessa, si rivela come un perfetto pretesto per raccontare qualcos’altro. Il protagonista è Armando Santoro, un ex Commissario di Pubblica Sicurezza finito a Poggioreale con l’accusa di aver ucciso sua moglie. Era stato arrestato nel 1948, poco dopo aver risolto il suo caso più difficile: i delitti del tatuatore, un assassino seriale che aveva brutalmente ammazzato le matriarche della camorra, le donne di grande potere che tenevano su, grazie al loro carisma ed alle loro capacità diplomatiche, interi reggimenti malavitosi, in un complesso sistema di conflitti e di alleanze con le altre famiglie e i rappresentati dello stato e della giustizia. In quel periodo, la figlia di Armando, Sonia, aveva finito per sposare un giovane rampollo di una importante famiglia del Sistema, la cui madre era stata la prima vittima del tatuatore. Quando nel 1956 Armando esce di prigione, non ha più una vita. Nessun collega gli è rimasto fedele. Nessun amico.

Con la figlia il rapporto si era ovviamente rotto da tempo. Solo e senza punti di riferimento, Armando decide di seguire il consiglio di un giovane monaco conosciuto in carcere. Andare per qualche tempo sull’isola d’Ischia, l’unico posto dove avrebbe trovato pace. Ma presto scopriremo che nella piccola e pittoresca Forio lo attende un mistero ancora più grande. Così, il tatuatore e l’enigma ischitano, cominciano a correre su due binari che spesso si incrociano, in un continuo ed appassionante battibecco fra presente e passato.

Il romanzo “Gli Alfabeti della Morte” sarà presentato giovedì 23 giugno alle ore 19 presso il Bar Maria di Forio d’Ischia. Relatore: Ciro Cenatiempo. Interverrà l’attore Leonardo Bilardi. Saranno presenti l’autore e l’editore Fabio Dessole.

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